Si è concluso a Nizza il vertice informale dei ministri dell’Economia e delle Finanze dell’Unione Europea. Nel comunicato finale si constata che la crescita è più debole del previsto, per effetto di un triplice shock: da inflazione, cambio e per l’impatto della crisi finanziaria. Auspicato, come sempre, il coordinamento europeo nella risposta a tali shock esterni, due dei quali (quello legato al cambio euro-dollaro e quello dei prezzi del petrolio) sembrano in ridimensionamento. Una tendenza che, se confermata anche nei prossimi mesi, potrà contribuire a stabilizzare il quadro macroeconomico e rilanciare la crescita, come suggerito tra mille doverose cautele anche dal governatore di Bankitalia, Mario Draghi.
I ministri dell’Economia dell’Ue hanno deciso di “mobilitare politiche comuni ma anche politiche nazionali, per rispondere a situazioni che possono differire da uno stato all’altro“. Questa è la risposta a quanti, come il governo italiano, tendono ad invocare il deus ex machina dell’Ue quando devono superare ostacoli domestici, salvo poi recriminare contro un’Unione che “zigna” di fronte agli eroici tentativi di salvare la propria compagnia di bandiera. Serve disciplina di bilancio ed iniziative nazionali, dunque. A livello comune, le conclusioni del vertice di Nizza suggeriscono che i paesi membri potranno (“entro il rispetto del limite del 3 per cento nel rapporto deficit-pil”) lasciare agire gli stabilizzatori automatici per sostenere la crescita. E poiché gli stabilizzatori automatici (riduzione di gettito e pressione fiscale a seguito di rallentamenti congiunturali, attivazione di programmi di welfare come sussidi di disoccupazione ed altro) agiscono indipendentemente dalla volontà dell’Ecofin, vediamo che il “suggerimento” semplicemente non è neppure tale. Sollecitato anche il proseguimento delle liberalizzazioni, per stimolare la concorrenza e far crescere il potere d’acquisto, e la messa in opera di misure di trasparenza e responsabilizzazione degli intermediari finanziari. Ultima azione proposta, quella relativa al ruolo della Banca Europea degli Investimenti (BEI). Ebbene, il testo del comunicato finale recita:
“La Banca Europea degli Investimenti (BEI) sosterrà il finanziamento delle piccole e medie imprese, grazie all’aumento dei suoi mezzi finanziari (pari a 15 miliardi di euro nel biennio 2008-2009, cioè più 50 per cento sul biennio, e 30 miliardi da qui al 2011).”
In sostanza, è stata accolta la proposta francese di fare intervenire la BEI a sostegno delle piccole e medie imprese, sostituendosi almeno in parte alle banche commerciali nell’erogazione di credito, per contrastare il credit crunch che sta aumentando in modo preoccupante il costo del capitale, strangolando l’investimento. E la proposta di Tremonti, di utilizzare la BEI come una super-Cassa Depositi e Prestiti per rilanciare l’investimento infrastrutturale? Leggendo attentamente il documento finale del vertice di Nizza non se ne rinviene traccia.
Dalla stampa italiana apprendiamo però che sarebbe stato costituito un bel gruppo di studio per valutare l’iniziativa italiana. Di solito, quando una proposta non gode di sufficiente consenso per essere resa operativa, e per non indispettire o umiliare il proponente si crea una bella commissione di studio. E’ quello che è accaduto anche per questa idea di Tremonti, dopo quella sull’attivazione dell’articolo 81 del Trattato di Roma contro gli “speculatori”. Nel frattempo le raccomandazioni del Financial Stability Forum, guidato da Draghi, vengono progressivamente implementate, malgrado Tremonti le avesse definite “un’aspirina”. Vabbé, sarà per la prossima svolta epocale, non disperiamo. Tanto da noi qualcuno disposto a presentare come successo storico i “rimbalzi” europei di Tremonti lo si trova sempre.