Numerosi accessi a questo post via Google, con chiavi di ricerca di questo tipo:
“Nazionalizzazione delle banche che fine fanno gli azionisti”.
E’ presto detto: vengono spazzati via. Anche per questo motivo conviene usare cautela nel parlare liberamente di questi argomenti in occasione di incontri internazionali, anche se si premette che si tratta di “ipotesi allo studio”.
Nel caso di alcune banche americane (e di altre inglesi), l’esito della nazionalizzazione appare ormai come il minore dei mali. Nel caso delle banche italiane, invece, non c’è alcuna situazione di criticità che autorizzi a parlare di nazionalizzazione come esito. Parlandone si attiva un circolo vizioso di vendite da panico, che rischiano di autorealizzare la profezia. Non a caso le ultime gragnuole di vendite sulle banche americane (due su tutte, Citigroup e Bank of America) derivano dal crescente convincimento del mercato che la nazionalizzazione sarà l’esito ineluttabile.
Quindi, una accorata richiesta ai politici: pensate fino a dieci, prima di parlare. E tacete, se potete.
UPDATE – That’s right.
UPDATE 2 – Controprova: dopo la voce dal sen fuggita di Chris Dodd (sì a nazionalizzazioni di breve durata, fosse così facile…), e il successivo statement della Casa Bianca che professa la propria fede nella proprietà privata delle banche (e dei soldi dei contribuenti), il mercato dimezza 200 punti di perdita, ma dopo essere andato in pareggio per pochi minuti. Il metadone costa molto meno, e ha effetti più durevoli.