Non è tutto stimolo ciò che è deficit

Per quanti restano convinti che il fortissimo incremento del rapporto deficit-Pil negli Stati Uniti (così come negli altri paesi maggiormente colpiti dalla crisi) sia frutto di forsennate politiche keynesiane di spesa pubblica, ecco alcuni dati sui cui riflettere.

Li ha elaborati Action Economics, una società di analisi e ricerca economica:

“U.S. daily Treasury receipts are continuing to defy the diminishing labor market downdraft and recent GDP bounce with another massive [year-over-year] drop in October that we peg at 18%, with a stunning 23% [year-over-year] drop in withheld receipts that marks a new business cycle low. Outlays are poised for a 22% [year-over-year] October drop thanks to hard comparisons to last year’s TARP infusions. Yet, we still expect a huge $115 billion October budget deficit that is consistent with a quadruple-digit budget gap in fiscal year 2010 of $1,370 billion.”

Meno 23 per cento di entrate fiscali su base tendenziale (cioè annuale), riduzione quasi esclusivamente prodotta dal crollo del gettito delle imposte personali e societarie sui redditi, oltre che della sales tax. Si tratta, a livello societario, dell’immagine speculare della derivata seconda: i conti migliorano nel senso che le perdite si riducono, non che vi sono profitti. Naturalmente a livello aggregato, visto che un numero crescente di imprese stanno uscendo dal rosso. Dal versante delle imposte sui consumi e sul reddito personale, le difficili condizioni in cui si trova il mercato del lavoro fanno il resto del danno.

Alla luce di questi dati, non sorprende (anzi, era del tutto prevedibile, oltre che prevista) l’azione particolarmente aggressiva di contrasto ai paradisi fiscali. Per dichiarare conclusa l’emergenza occorrerà prima vedere un’inversione di tendenza su questi dati.

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