«Nei precedenti cicli, le crisi bancarie internazionali hanno spesso condotto ad un’ondata di default sovrani, alcuni anni dopo. La dinamica non sorprende, perché il debito pubblico vola dopo una crisi finanziaria, crescendo in media di oltre l’80 per cento entro tre anni. L’onere del debito pubblico esplode a causa dei salvataggi, degli stimoli fiscali e del collasso nel gettito d’imposta. Non tutte le crisi bancarie finiscono con dei default, ma ogni qualvolta c’è un’enorme ondata di crisi internazionali, come quella che abbiamo appena visto, alcuni governi scelgono questa strada»
«Non prevediamo default conclamati nei paesi maggiormente colpiti dalla crisi, e certamente nulla di paragonabile ai drammatici default de facto degli anni Trenta, quando Stati Uniti e Regno Unito abbandonarono il gold standard. Le istituzioni monetarie sono più stabili (assumendo che il Congresso le lasci a quel modo). Fondamentalmente, la dimensione dello shock è inferiore. Ma il peso del debito sta correndo verso la soglia del 90 per cento del Pil, ed oltre. Storicamente, quel livello è stato associato ad una crescita considerevolmente inferiore. Anche se l’esatto meccanismo non è certo, pensiamo che, ad un certo punto, il premio al rischio sul tasso d’interesse abbia reagito a situazioni di deficit fuori controllo, costringendo i governi a stringere la politica fiscale. Maggiori tasse hanno un effetto particolarmente deleterio sulla crescita» – Kenneth Rogoff e Carmen Reinhart (articolo da leggere tutto)
- Consiglio di lettura non richiesto, rivolto soprattutto a giornalisti e politici: “This time is different“, degli stessi Rogoff e Reinhart. Un testo fondamentale per comprendere cosa potrebbe attenderci nei prossimi mesi ed anni, e piantarla di tenere la testa nella sabbia con un approccio stolidamente ottimista.