Per la serie Markets in everything, Gillian Tett sul Financial Times segnala che in Cina, in presenza di restrizioni al credito imposte dalle autorità monetarie, si è sviluppata una singolare forma di credito, chiamato minjian jeidai, che consente alle aziende di indebitarsi a breve termine da famiglie benestanti, attraverso l’azione di broker estemporanei muniti di telefono cellulare.
In questo modo le piccole e medie imprese, che incontrano forti difficoltà a reperire credito, vengono messe in contatto con famiglie che cercano impieghi alternativi ai surriscaldati (ed ammaccati) mercati azionari ed immobiliari, oltre che a depositi bancari che rendono molto meno dell’inflazione, essendo in regime amministrato e non liberamente determinabili dalle banche.
I tassi praticati sono molto alti, scontando il fatto che tale pratica è illegale. Si stima che i finanziamenti erogati attraverso tale forma di intermediazione possano rappresentare, in alcune zone, sino a un decimo del flusso creditizio totale. Anche in presenza di restrizioni e limitazioni (che generano altrettante distorsioni allocative), il mercato tende ad affermarsi comunque.
Per fare un parallelo del fenomeno, pensate all’usura: è una intermediazione creditizia informale in cui l’elevato costo del credito deriva dal profilo di rischio del debitore (inclusa l’onerosità delle procedure di recupero) e dalla presenza di sanzioni penali per il prestatore. Sarebbe interessante, a questo proposito, approfondire se ed in che modo le famiglie prestatrici cinesi riescono a tutelare il proprio credito.