«Anche se le previsioni dell’economia sono indipendenti da ogni teoria etica, ci sono idee etiche dietro il ragionamento economico normativo. Un economista che rigetti l’idea dello sfruttamento nell’acquisto di reni, ad esempio, sta trattando il venditore di reni con rispetto – come una persona capace di scegliere per se stessa anche in circostanze difficili»
«Allo stesso modo, gli economisti non criticano le preferenze della gente. Se a qualcuno il wrestling piace più dell’opera, e sia; l’economista, agendo da economista, non considera alcune preferenze migliori di altre. In termini normativi, gli economisti, ancora una volta, tendono a rispettare le scelte delle persone.
Il rispetto per le preferenze delle persone conduce naturalmente al rispetto per lo scambio – l’azione chiave che le persone intraprendono per migliorare la propria condizione. Come abbiamo visto nel Capitolo 9 sulle esternalità, gli economisti riconoscono che l’assenza dello scambio a volte fa stare peggio le persone. Cionondimeno, l’idea di base che le persone possono assumere decisioni e conoscere le proprie preferenze porta gli economisti a simpatizzare molto con il concetto di scambio volontario.
Gli economisti tendono anche a trattare allo stesso modo ogni domanda di mercato, non importa da chi provenga. Non importa se siete bianco o nero, maschio o femmina, taciturno o ciarliero, americano o belga: il vostro surplus da consumatore o produttore conta allo stesso modo nella valutazione economica di una scelta di policy.
Nulla di tutto questo equivale a dire che gli economisti hanno sempre ragione nelle loro assunzioni etiche. Come vi abbiamo avvisato all’inizio, questo capitolo ha più domande che risposte. Ma le visioni etiche degli economisti – rispetto per le scelte e le preferenze individuali, sostegno allo scambio volontario, ed eguaglianza di trattamento – sono tutte visioni etiche con considerevoli basi e supporto in un’ampia varietà di tradizioni etiche e religiose.
Forse sapete che Thomas Carlyle, lo scrittore dell’epoca Vittoriana, chiamava l’economia “la scienza triste”. Quello che forse non sapete è che Carlyle era un difensore della schiavitù e che [con questa definizione] stava attaccando le visioni etiche dell’economia. Economisti come Jonh Stuart Mill pensavano che tutte le persone fossero in grado di compiere scelte razionali, che lo scambio volontario fosse la via migliore per la ricchezza, e che tutti dovessero essere considerati uguali, indipendentemente dalla razza. Di conseguenza, Mill e gli economisti liberoscambisti del diciannovesimo secolo si opponevano alla schiavitù, ritenendo che chiunque avesse titolo alla libertà. Sono state queste visioni etiche ad essere definite “tristi” da Carlyle. Noi ci permettiamo di dissentire»