La sollevazione libica questa settimana ha spinto al ribasso i mercati rischiosi, dai massimi di ciclo raggiunti venerdì della scorsa settimana. Il rialzo dei prezzi petroliferi rimuove i rischi al rialzo dalle previsioni di crescita, e spinge i mercati in una fase più volatile.
Due forze hanno finora supportato l’investimento in attivi rischiosi: le revisioni al rialzo nelle stime di crescita globale e gli elevati premi al rischio. Il primo elemento pare essere stato neutralizzato, al momento, mentre il secondo resta in essere ma deve essere rivalutato alla luce dell’accresciuta incertezza.
I prezzi del petrolio sono cresciuti di 10 dollari nelle due ultime settimane, e di 16 dollari da inizio anno. Secondo alcune stime, questo livello di prezzi dovrebbe ridurre la crescita statunitense del trimestre in corso di circa mezzo punto percentuale, e dello 0,1-0,2 per cento per l’intero anno. Non meno di metà della produzione petrolifera libica appare ferma. La Libia produce circa 1,4 milioni di barili di greggio al giorno, quasi tutti destinati ai paesi del Sud Europa. L’Arabia Saudita si è detta pronta a sostituire i buchi di produzione libica, anche se la qualità del greggio dei due paesi non è identica.
Riguardo il rischio di contagio delle sollevazioni in corso all’intera regione Nord Africa Medio Oriente, la cautela nell’estrapolare la tendenza è d’obbligo. Concessioni politiche ed erogazione di nuovi sussidi economici alla popolazione (come fatto in settimana dal re dell’Arabia Saudita) potrebbero evitare nuovi rovesciamenti di regimi. La Libia continua a rappresentare un caso a parte, vista la frammentazione tribale della sua popolazione; i rischi di guerra civile e di creazione di uno “stato fallito” sono, in questo caso, ben più elevati che altrove.
Sui mercati del reddito fisso, in settimana si è verificato un rally dei Treasuries e dei Bund, mentre la Banca centrale europea ha ripreso la propria retorica anti-inflazione. Le curve si sono appiattite, in parallelo all’intensificarsi della crisi libica. E’ probabile che l’elevata incertezza causata dalla situazione mediorientale e nordafricana induca gli investitori alla cautela, alimentando domanda di attivi sicuri. I breakeven inflation rates sono cresciuti in settimana, in larga parte per riflesso alla crescita dei prezzi del greggio, la cui accresciuta volatilità tende anche ad accrescere i premi al rischio-inflazione, che è percepito in rialzo anche per l’andamento delle altre materie prime.
In area euro, la prevista vittoria elettorale in Irlanda della coalizione di centrosinistra tra Fine Gael e Labour accresce il rischio di tagli unilaterali ai crediti degli obbligazionisti senior delle banche irlandesi, anche se l’Unione europea (e la Bce, che dall’operazione di haircut subirebbe rilevanti perdite) hanno escluso la possibilità di rinegoziazione del debito irlandese. L’esito elettorale è comunque destinato a creare volatilità nei periferici dell’area, consigliando cautela nel posizionamento degli investitori.
Sui mercati azionari, la correzione settimanale è stata vistosa, soprattutto sui settori dove le posizioni erano più elevate, quali i ciclici. L’incertezza si sposta ora sulla capacità delle imprese a mantenere i propri margini di profitto, data l’evoluzione del costo delle materie prima ma la persistentemente elevata disoccupazione esistente nei paesi sviluppati, che dovrebbe limitare (almeno nel breve termine) sia il trasferimento dei maggiori costi sul consumatore finale, sia la possibilità che aspettative inflazionistiche vengano traslate in una spirale prezzi-salari.
Sui mercati dei cambi, la nuova debolezza del dollaro contro yen e franco svizzero, e la sua forza verso le valute emergenti indicano un classico movimento di riduzione del rischio. Per contro, tuttavia, il suo vistoso cedimento contro l’euro e le perdite verso le valute di paesi produttori di materie prime sono insoliti in situazioni in cui una crisi petrolifera minaccia la crescita globale ed indebolisce il mercato azionario. Il movimento contro euro è spiegabile con la retorica anti-inflazione della Bce, mentre la possibilità di una terza fase di easing quantitativo (QE3) potrebbe spiegare la debolezza verso le commodity currencies. Data la crescente debolezza dei dati macro britannici, l’ipotesi di rialzi precoci dei tassi da parte della Bank of England sembra sfumare. Ciò potrebbe aprire la strada ad un periodo di debolezza del cambio euro-sterlina, vista anche retorica aggressiva della Bce.
Riguardo le materie prime, la rivolta libica ed i timori di ulteriore contagio hanno spinto il Brent al massimo di 119 dollari, nella giornata di giovedì. L’elevata incertezza dovrebbe trovare contenimento nella mobilitazione della capacità di riserva saudita (fino a 3,5 milioni di barili al giorno) e nell’eventuale utilizzo delle riserve strategiche. Inoltre, le scorte sono nettamente superiori ai livelli visti nel 2008, quando il greggio toccò i 145 dollari al barile. L’inizio della stagione di manutenzione delle raffinerie tenderà inoltre a ridurre la domanda immediata di greggio per le prossime sei settimane.