Non rompete il termometro di Draghi

Parlando ieri al tradizionale convegno Atic Forex, il governatore della Banca d’Italia non ha solo rimarcato per l’ennesima volta che il paese non cresce e che servono riforme di struttura un po’ differenti dal veto alle adozioni da parte dei single ed ai matrimoni gay, stancamente ribaditi dalla triste ed impotente (politicamente parlando) maschera che siede a Palazzo Chigi. Abbandonando temporaneamente il testo del discorso, Mario Draghi si è rivolto alle banche, invitandole a ricapitalizzare prima dei prossimi stress test.

La frase ha suscitato viva agitazione in un commentatore del Riformista, tale Giuseppe Milano (un nick?), che oggi ha scritto un pezzo in cui arriva quasi ad accusare Draghi di aggiotaggio, prendendo le zelanti (e pure richieste?) parti dei banchieri presenti ieri a Verona.

«Darei un suggerimento», ha detto Draghi parlando a braccio. «Sarebbe saggio procedere a queste decisioni (di ricapitalizzazione, ndPh) prima degli stress test, o prima che gli stress test vengano resi noti. Se ci sono aziende bancarie che hanno già deciso aumenti di capitale, è bene che comunichino la decisione al più presto»

All’autore del pezzo apparso sul Riformista questo invito è suonato come un indiscriminato sparare nel mucchio, ed addirittura come una grave mancanza di prudenza, tale da rischiare di spingere il mercato a penalizzare l’intero settore del credito. Né manca, a supporto di tale tesi, il classico virgolettato da anonimo banchiere. Eppure, Draghi non ha detto nulla di sconcertante. Il mercato sa perfettamente quali sono le banche che necessitano di ricapitalizzare, così come lo sa Draghi stesso. Serve solo che alcuni banchieri si risveglino alla realtà, e smettano di tentare con ogni mezzo di quadrare il cerchio. Prendiamo questo invito fuori dal testo ufficiale come una forma di moral suasion appena più ruvida di quelle tradizionali.

Ma se pure volessimo leggere le parole di Draghi come una generalizzazione, lo scandalo continuerebbe a non esservi. Le banche italiane stanno soffrendo per la non crescita del paese, per situazioni di crisi aziendale che hanno finora costretto a prorogare la moratoria sulle piccole e medie imprese. Come abbiamo già detto, la malattia italiana sta contagiando le nostre banche. Lo scadimento è ormai sistemico. Che questo, nell’ottica di adeguamento a Basilea III (ed al buon senso, soprattutto) significhi che alcuni istituti avranno bisogno “solo” di attuare una politica della lesina sui dividendi mentre altri dovranno ricapitalizzare, è solo parte di un continuum di criticità più generali. Certo, per le fondazioni ed i loro insaziabili appetiti si preparano tempi non facili, ma non è spezzando il termometro che la febbre verrà meno. E qualcuno potrebbe scoprire che cercare di pagare comunque dividendo e non ricapitalizzare indica una febbre talmente elevata da sfiorare il delirio.

Quanto al Riformista, è comprensibile che, nel suo nuovo corso, cerchi di accreditarsi presso un segmento dei poteri forti (sempre più deboli, a dire il vero), ma sarebbe utile evitare di trasformarsi in house organ di categoria, per eccesso di entusiasmo e zelo. Il sistema bancario non si “destabilizza” spingendo i banchieri ad accettare la realtà, ed il rafforzamento patrimoniale non è “una amara medicina” per gli azionisti, ma solo la presa d’atto che il management ha sbagliato a gestire; o, detto in termini meno diretti, che il destino cinico e baro ha preso le fattezze della congiuntura.

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