Uno dei più collaudati metodi di lavoro degli editorialisti italiani si basa su un processo di reverse engineering, dove si parte dalla tesi e si procede a ritroso, per forzarne la dimostrazione. Il problema sorge quando, probabilmente a causa dell’anagrafe, si finisce col perdere completamente di vista non solo la coerenza delle conclusioni, ma proprio la verosimiglianza degli assunti. Paradigmatico è questo Bestiario di Giampaolo Pansa per Libero, dove il giornalista-scrittore di Casale Monferrato parte da una tradizionale lamentazione destrorsa, il peso preponderante della sinistra nelle trasmissioni di approfondimento del servizio pubblico. Pansa si dichiara soddisfatto dell’ingaggio da parte di Raiuno di Giuliano Ferrara, viste le sopracitate esigenze di ribilanciamento ideologico dell'”approfondimento” informativo (Bruno Vespa, anyone?).
Si potrebbe obiettare che la somma di faziosità di segno opposto non fa un prodotto equilibrato, ma sarebbe banale. Più curioso l’elogio che Pansa riserva a Ferrara, da cui proverrà nientemeno che
«Un intervento di battaglia e di resistenza all’andazzo prevalente nelle serate televisive di Mamma Rai»
Utilizzare il termine “resistenza” a Pansa viene molto agevole; il rischio è quello di cadere in una sorta di rimbambimento cristallizzazione mentale, che spinge all’utilizzo di poche e prevedibili categorie mentali, destinate a finire malinconicamente in offtopic. Come accostare il referendum di Mirafiori con le storie di fiancheggiamento del terrorismo e di fancazzismo pansidacale delle vecchie partecipazioni statali negli anni Settanta.
Ma a parte ciò l’editoriale di Pansa, partito dall’esigenza di perorare il riequilibrio delle forze ideologiche in campo in Rai, derapa rapidamente in quello che si dimostrerà essere il vero tema di polemica: Lilli Gruber. E qui già sentiamo le vostre obiezioni: che c’azzecca la Gruber con la Rai? Nulla, e Pansa lo premette, pur se con scarsa convinzione. Ma c’è un però, che non fa del ragionamento di Pansa esattamente un modello liberal-liberista: non rileva l’assetto proprietario, ma la pervasività del mezzo:
«Tuttavia, la magica televisione, anche quella piccola e privata, finisce sempre con l’insinuarsi nella vita di tutti»
Quindi, par di capire, la tesi è che la televisione resta uno dei veicoli di alfabetizzazione primaria dell’opinione pubblica, nel bene e nel male. Ergo, occorre un’azione vigorosa contro il “pericolo rosso”, ovunque si annidi. E chissenefrega se si tratta di imprese private, che rispondono di eventuali errori con perdite di bilancio. Pansa è inflessibile, e trascorre il resto dell’articolo vomitando fiele su una Gruber dipinta come l’equivalente femminile ed alternativo di Goebbels. Ora, noi saremmo anche d’accordo con Pansa, pur se con meno livore, visto che la cifra stilistica della Gruber è quella di buttarla in caciara tentando di fingere di fare di tutto affinché ciò non avvenga.
Ma il punto è che, se parliamo di mercato, le scelte del signor Gianni Stella, a.d. di Telecom Italia Media, a Pansa non dovrebbero importare perché, a differenza di quanto accade in Rai (almeno per chi il canone lo paga), contro la7 a noi telespettatori resta l’arma letale del telecomando. Che nel caso di specie è un’arma ben più potente degli ipse dixit di Aldo Grasso, che Pansa invoca manco fossero le Tavole della Legge.
Piuttosto, se Pansa è preoccupato per il canone che versa ogni anno alla Rai, provi a verificare quanto renderà la nuova Radio Londra, in termini di margini di contribuzione ai conti della Rai. Perché, a differenza di Ballarò ed Annozero, il programma di Giuliano Ferrara non avrà inserti pubblicitari, quindi la determinazione di un ipotetico “rendimento” rispetto al costo di produzione non sarà immediata, e presumiamo finirà col basarsi sulla vendita degli spazi del blocco pubblicitario immediatamente successivo al Tg1. Sarà remunerativo?
Certo, se obiettivo di Pansa è quello di avere in Rai un “campione della resistenza” (con minuscola che pensiamo destinata fatalmente a diventare maiuscola entro poco tempo), dubitiamo che l’aspetto del conto economico possa valere qualcosa per lui. E io pago.