Nuovi segni d’insofferenza confindustriale nei confronti del governo del fare chiacchiere. Un commento di Fabrizio Fourquet sul Sole 24 Ore di oggi (integrato da una serie di articoli sullo stallo italiano) esprime in termini piuttosto duri, almeno fino alla prossima dichiarazione distensivo-tremebonda della sciura Emma, il disagio del mondo imprenditoriale per la più completa assenza anche di solo un refolo di riforme. Viene suggerito quello che i meno sprovveduti avevavo immaginato da subito, quando il nostro prestigioso premier annunciò la “scossa”, e cioè che potesse in realtà trattarsi dell’ennesima trovata pubblicitaria di uno spompato venditore di fumo, e così è stato.
Quell’epocale consiglio dei ministri vide soprattutto il rinvio della legge sulle liberalizzazioni, di pertinenza del ministero dello Sviluppo economico. All’epoca si disse che quel provvedimento sarebbe stato successivamente inserito nel decreto-Calderoli sulle semplificazioni. Il quale decreto, però, è rapidamente sparito dai radar, e ieri si è avuta la conferma del suo rinvio sine die. Sarà tutto permesso, tranne ciò che è espressamente vietato, ricordate? Si, proprio quello. Il decreto incentivi è decaduto assieme ai termini per l’esercizio della legge delega, mentre ci è rimasta la proposta di modifica di tre articoli della Costituzione, che come noto, in assenza di delegificazione ordinaria, sarà determinante. Fortunatamente ben altro si muove, sulla strada della rivoluzione liberale.
Attendiamo il mese di giugno, o comunque dopo le amministrative, quando l’attività legislativa del governo più che sulle semplificazioni verterà sull’approvazione di una nuova manovra correttiva, dato l’andamento della nostra congiuntura, il costo del petrolio e la tendenza dei tassi d’interesse. Oggi celebriamo il rendimento del 5 per cento sul Btp decennale: non accadeva dall’ottobre 2008, quando il mondo era alle prese con il meltdown di Lehman e di AIG. Nel frattempo, la produzione industriale italiana in gennaio è finita in un sottoscala, con una contrazione mensile dell’1,5 per cento, a fronte di stime di consenso poste a più 0,6 per cento.
Il tutto mentre i leghisti arringano le folle di beoti che scendono a valle con la piena, promettendo loro nuove tasse. Ma allegri, oggi c’è un altro consiglio dei ministri epocale. Finirà ovviamente in nulla, ma almeno i giornali avranno qualcosa di cui discutere, per almeno una settimana. L’importante è crederci.