Nella settimana del primo rialzo della Bce da tre anni, di ulteriori 5 dollari di aumento del greggio, e del rischio (poi scongiurato) di fermo del governo federale americano, le borse restano invariate. E’ già un successo.
In settimana, le quotazioni del Brent hanno toccato i 125 dollari al barile. Gran parte della recente ascesa pare attribuibile all’accresciuto rischio geopolitico, legato alle tensioni in Medio Oriente. Ma a questo va aggiunto che l’auspicato aumento compensativo della produzione da parte dell’Opec tarda a materializzarsi. Per il momento, le previsioni di riduzione della crescita globale non sembrano ancora essere di magnitudine tale da danneggiare le prospettive di aziende ed economie emergenti.
Sul reddito fisso, l’andamento dei Treasuries statunitensi è stato condizionato dall’eventualità (poi sventata all’ultimo minuto) del blocco delle attività del governo federale, per il persistente disaccordo in Congresso tra Repubblicani e Democratici sui tagli al bilancio. In Europa, la richiesta di salvataggio da parte del Portogallo ed il rialzo dei tassi ufficiali da parte della Bce sono passati senza eccessivi scossoni, poiché già scontati. Le curve di mercato monetario restano compatibili con altri due rialzi del costo del denaro entro la fine dell’anno. Riguardo la crisi dei periferici, il mercato si chiede se potrà esserci una quarta vittima, ma ad oggi la Spagna appare coerente nel perseguimento dei suoi obiettivi fiscali. Si tende a dare per scontato che il sistema delle cajas spagnole necessiterà di risorse superiori ai 15 miliardi di euro previsti dal governo, ma il problema non appare al momento di portata neppure paragonabile a quello irlandese. Negli ultimi giorni, Spagna e Italia hanno beneficiato di ricoperture da parte di molti gestori di fondi, situazione che potrebbe proseguire per qualche tempo.
Sul mercato azionario, occhi puntati sull’avvio della reporting season americana del primo trimestre. Le previsioni bottom-up ipotizzano un lieve calo degli utili trimestrali sulle società dell’indice S&P 500, secondo uno schema stagionale non infrequente. Anche per questo, il mercato potrebbe quindi trovare sostegno di breve da eventuali sorprese positive. Più avanti nel mese, potrebbero tuttavia sorgere vulnerabilità causate dalla diffusione di dati macro meno positivi del previsto, in particolare sulla manifattura, dove si stanno già intravedendo flessioni nei rapporti tra nuovi ordini e scorte (anche successivi al sisma giapponese), che potrebbero colpire soprattutto i ciclici.
Sul mercato dei crediti, il sostanziale restringimento sul mercato statunitense ha riportato gli spread sui minimi ciclici. Rally delle banche sui due lati dell’Atlantico: le banche europee sono state premiate con ricoperture indotte dalla percezione del mercato circa il contenimento della crisi dei periferici, malgrado la capitolazione del Portogallo, come indica il miglioramento degli spread sovrani per Spagna ed Italia. Anche gli annunci di ricapitalizzazione del settore creditizio sono ovviamente favorevoli per gli investitori obbligazionari.
Sul mercato dei cambi, anche se nel breve gli Stati Uniti hanno evitato il blocco del governo federale, è indubbio che prima o poi il paese dovrà sottoporsi ad una vigorosa stretta fiscale, che avrebbe conseguenze ribassiste per la valuta, perché ne preserverebbe più a lungo lo status di divisa a basso rendimento. Dubbi restano relativamente alla volatilità indotta da uno stallo interno al Congresso e tra quest’ultimo e la Casa Bianca circa le modalità del consolidamento fiscale.
In settimana, le materie prime hanno guadagnato oltre il 3 per cento, espresso in dollari. Il Brent ha toccato un nuovo massimo di ciclo in prossimità dei 125 dollari al barile, dopo che problemi nelle forniture del Mare del Nord si sono sommati ai timori di contagio in Medio Oriente ed al terzo rinvio delle elezioni in Nigeria. L’Opec ha finora coperto solo un terzo circa delle esportazioni libiche venute meno; pertanto, con condizioni di offerta relativamente strette, anche piccole turbative causano rialzi dei prezzi. Anche le materie prime agricole hanno conseguito in settimana robusti guadagni, con il mais a nuovi massimi storici di tutti i tempi. Gli stock restano molto bassi mentre restano pressioni in acquisto da parte cinese. Il rame ha invertito il recente calo, guadagnando in settimana quasi il 6 per cento, sempre in dollari. Il quadro di mercato sarà condizionato dalle misure di freno all’economia adottate dalle autorità cinesi e dagli esiti del disastro giapponese, anche se condizioni di offerta piuttosto strette e la debolezza del dollaro sono destinate a sostenere le quotazioni del metallo.