Mentre il mainstream della destra Repubblicana americana (ed i suoi più fedeli megafoni del copia-traduci-incolla qui da noi) hanno già costruito una fervida narrativa che vuole l’operazione Bin Laden partire da lontano, molto lontano, cioè dagli interrogatori di Khalid Shaik Mohamed a Guantanamo, è opportuno leggersi anche la ricostruzione del New York Times, che racconta di una ristrutturazione operativa della Cia “sul campo”, cioè l’Operazione Cannonball, decisa sulla base del convincimento che, a metà dello scorso decennio, la pista che portava a Bin Laden si fosse ormai raffreddata, in assenza di informazioni robuste ottenibili dai detenuti di Gitmo.
L’Operazione Cannonball, nata nel secondo mandato di George W.Bush, prevedeva il ritorno al lavoro sul campo, con agenti Cia in Pakistan ed Afghanistan. E da lì, dalla paziente attività sul campo, dall’incrocio di frammenti di informazione, si è giunti al blitz dei Navy Seals di ieri l’altro. La verità non la sapremo mai. Le aree d’ombra di questa vicenda sono tali e tante che ogni parte in causa potrà riempirle con le pennellate di colore preferito, in un colossale remake di Rashomon, il capolavoro di Akira Kurosawa. Ma la vulgata del waterboarding che arriva a produrre frutti dopo almeno quattro lunghi anni, e dopo che lo stesso Bush aveva confessato di “non pensare più molto a Bin Laden” cerchiamo di risparmiarcela, nei limiti del possibile.
Update – C’è anche qualche Repubblicano che riesce ancora ad usare la testa, come Lindsay Graham:
“This whole concept of how we caught bin Laden is a lot of work over time by different people and putting the puzzle together. I do not believe this is a time to celebrate waterboarding, I believe this is a time to celebrate hard work”