Azioni, materie prime e rendimenti obbligazionari in rialzo in settimana, ma restano in un ampio corridoio, dopo i crolli della prima settimana del mese. Sui crediti, significativo allargamento degli spread.
La volatilità resta estremamente elevata, per il rischio di ricaduta in recessione di Europa e Stati Uniti. Tra gli argomenti, vi è quello secondo il quale gli Stati Uniti tendono a cadere in recessione quando la crescita non supera l’1 per cento per due trimestri consecutivi,  e questa è la situazione corrente.
Ben Bernanke ha detto, a Jackson Hole, che la maggior parte delle politiche economiche che supportano una robusta crescita economica di lungo periodo sono al di fuori al dominio della banca centrale. Bernanke ha comunque rassicurato riguardo la possibilità che il FOMC possa usare tutti gli strumenti disponibili per promuovere la crescita, senza fornire ulteriori dettagli, se non annunciare l’estensione a due giorni del prossimo meeting di politica monetaria, il mese prossimo. La politica fiscale, al momento, resta vincolata, e potrebbe produrre una ulteriore stretta a inizio del prossimo anno, se verranno fatti scadere i tagli d’imposta, inclusi quelli sulla payroll tax. Rispetto ai due grandi rischi rappresentati da Europa e Stati Uniti, i paesi emergenti potrebbero avere la capacità di sottrarsi a rischi recessivi.
Nel mercato del reddito fisso, il rally degli ultimi due mesi ha perso forza questa settimana, mentre Bernanke non ha fornito indicazioni sulle intenzioni della Fed, anche se l’estensione a due giorni del meeting del FOMC di settembre è destinato ad alimentare aspettative di nuove misure monetarie espansive. I rendimenti sono a livelli storicamente bassi a causa degli accresciuti rischi recessivi e della situazione in area euro. L’elevato ricorso ai finanziamenti della Bce da parte delle banche testimonia della riluttanza delle banche forti a prestare alle deboli, mentre la politica continentale continua ad essere divisa, con l’ultima disputa sulle garanzie privilegiate chieste dalla Finlandia alla Grecia.
I mercati azionari rimbalzano in settimana ma restano estremamente volatili, a causa dei rischi recessivi.
I mercati del credito hanno vissuto una settimana pesante, sia a livello di investment grade che di high yield, malgrado il rimbalzo dell’azionario. L’elevato numero di posizioni lunghe che vengono oggi liquidate sembra essere alla base della persistente debolezza dell’asset class, indebolita anche da negativi indicatori di sentiment dei consumatori e dei livelli di attività delle imprese.
Sul mercato dei cambi, in settimana le migliori performance sono state quelle dei dollari australiano e neozelandese, spinti dai commenti positivi del governatore della banca centrale australiana e dalla apparente tenuta della congiuntura cinese. Bene anche le corone norvegese e svedese, che beneficiano delle solide posizioni fiscali dei due paesi. I peggiori andamenti sono risultati quelli del franco svizzero (sull’aggressivo intervento della banca centrale) e dello yen, per la persistente retorica di imminenti interventi della Bank of Japan. Il dollaro, malgrado tutto, continua ad essere considerato un rifugio relativamente sicuro. Il rischio di ricaduta in recessione negli Usa dovrebbe quindi spingere il dollaro, via indebolimento delle valute ad alto beta, a meno di azioni espansive molto aggressive della Fed, che al momento appaiono improbabili, soprattutto dopo il discorso di Bernanke a Jackson Hole.
Le materie prime sono rimaste pressoché invariate in settimana, con agricoltura ed energia in rialzo (escluso il gas naturale), compensati dalla vistosa correzione dell’oro (quasi l’8 per cento dal picco, in dollari). I motivi alla base del rally dell’oro restano tuttavia intatti, anche se al momento sembra che siamo entrati in una fase di marcata volatilità anche per le materie prime, che causa e si alimenta di interventi delle clearing house su margini iniziali. Le principali case d’investimento hanno limato le previsioni sul prezzo del greggio, a causa dei rischi recessivi ma con condizioni di produzione che restano piuttosto strette, limitando l’elasticità del mercato.