Rally dei mercati rischiosi in settimana (anche se con allargamento degli spread in zona euro), e andamento cedente dei titoli di stato “sicuri” sull’attenuarsi di alcuni dei più acuti rischi macro che da inizio anno piagano i mercati. Riusciranno i mercati ad uscire dal loro depresso corridoio di oscillazione?
I mercati mondiali restano focalizzati su una terna di rischi macro: recessione statunitense, collasso dell’euro e crollo del mercato immobiliare cinese. Tali rischi deprimono i corsi azionari e del credito, premiando la liquidità ed i titoli pubblici ritenuti più sicuri. La situazione è esacerbata dalla percezione che la politica monetaria abbia finito le munizioni e quella fiscale non abbia la volontà politica di utilizzarle.
Anche se i rischi sottostanti sono tutt’altro che scomparsi, gli indicatori di attività cominciano ad uscire più solidi del previsto. La produzione industriale globale ha mostrato in agosto una variazione lievemente positiva, a fronte del crollo dei mercati azionari. Anche vendite al dettaglio, di auto e spesa in conto capitale sono tutte cresciute nel terzo trimestre, sempre a livello globale. Ai dati effettivi si contrappongono i sondaggi, che mostrano che l’indebolimento dei livelli di attività sarebbe alle porte. Ma negli Stati Uniti gli indicatori di sopresa sull’attività economica sono in territorio positivo da molte settimane, e ciò ha indotto gli analisti ad alzare le stime di Pil per il terzo trimestre, oggi intorno al 2,5 per cento. Per effetto di ciò, la crescita americana degli ultimi due trimestri (secondo e terzo) sarebbe intorno al 2 per cento, maggiore della temuta “velocità di stallo”, posta all’1 per cento. Ciò riduce lievemente le probabilità di recessione americana, anche se il vero rischio risiede nella fine delle misure di stimolo, a fine 2011, anche dopo la bocciatura in Congresso del piano della Casa Bianca per l’occupazione.
La presa di coscienza a livello mondiale che il collasso dell’euro sarebbe un evento catastrofico sta accelerando gli sforzi per contenere la crisi. Gli investitori cercano modi per isolare la crisi greca e proteggere le banche attraverso maggiori livelli di capitale, oltre a finanziare i sovrani attraverso l’EFSF ed il FMI. Pur nella estrema incertezza su quanto accadrà, si rafforza il convincimento che l’euro verrà salvato, anche se il salvataggio non riguarderà minore austerità fiscale e quindi non riuscirà ad evitare una recessione in area euro. Sui mercati emergenti si assiste ad un lento movimento della politica monetaria, da restrizione ad allentamento. Il rischio è largamente centrato sul debito immobiliare cinese.
Sul mercato del reddito fisso, nuovo calo dei prezzi obbligazionari in settimana, con rendimenti in rialzo ai livelli di fine agosto, per effetto della riduzione dei rischi recessivi negli Usa e delle speranze di una azione risolutiva in area euro. In quest’ultima, il faticoso consenso sembra includere una maggiore svalutazione dei titoli greci, una aggressiva ricapitalizzazione delle banche ed il potenziamento del volume di fuoco dell’EFSF, che potrebbe essere trasformato in un assicuratore obbligazionario. Questo scenario incorpora, ovviamente, altissimi rischi di esecuzione, che non vanno sottovalutati. A conferma di ciò si segnala l’andamento degli spread sovrani, in allargamento nel corso della settimana. Di rilievo anche il forte aumento del differenziale tra Francia e Germania, al nuovo massimo dalla nascita dell’unione monetaria europea, a causa di timori per le banche francesi, per le quali alcune stime ipotizzano un fabbisogno di capitale di almeno 50 miliardi di euro in caso di significative svalutazioni sovrane e di imposizione di un obiettivo di Core Tier 1 del 9 per cento. In caso di ricapitalizzazione gestita dal pubblico, si tratterebbe di circa il 2,5 per cento del Pil francese, quindi nel complesso sostenibile.
I mercati azionari rimbalzano in settimana, e si trovano ora di circa il 10 per cento sopra i minimi di inizio ottobre. L’ottimismo relativo al vertice europeo del 24 ottobre continua a spingere l’ottimismo degli investitori. Ciò, unito a dati macro migliori delle attese, spinge a chiudere posizioni di sottopeso, anche a seguito di previsioni più favorevoli per la reporting season americana ed europea del terzo trimestre, che è all’inizio.
I mercati del credito hanno confermato il rally iniziato a metà della settimana precedente, anche dopo la conferma della ratifica dell’EFSF così come uscito dal vertice europeo del 21 luglio scorso. Negli Stati Uniti la scorsa settimana si è verificato un influsso netto di fondi nel comparto delle obbligazioni societarie circa doppio rispetto alla media da inizio anno. In Europa, l’ipotesi di ricapitalizzazione delle banche appare il maggiore catalizzatore positivo del movimento di mercato.
Sul mercato dei cambi, il dollaro in ottobre sta restituendo rapidamente ed estesamente i guadagni di settembre. Movimento non sorprendente, visto il numero di posizioni lunghe a inizio mese, il potenziale di soluzione della crisi europea ed il discreto avvio della stagione degli utili americani del terzo trimestre, tutti elementi che favoriscono la propensione al rischio e l’indebolimento del dollaro.
Le materie prime hanno messo a segno in settimana un forte rally, dell’ordine del 5 per cento, guidato soprattutto da energia ed agricoltura. Sul mercato petrolifero il livello calante delle scorte e la backwardation della curva Brent (prezzi a pronti e scadenze futures vicine più alti delle scadenze lontane) resta prossima ai massimi storici. L’Opec ha già tagliato la produzione durante l’estate e potrebbe replicare, in caso di ulteriore indebolimento dei prezzi.