Nella settimana tra Natale e Capodanno, quella in cui tradizionalmente la liquidità sui mercati scarseggia anche in tempo di pace, lo spread italiano si allargherebbe anche se non accadesse nulla, figuriamoci a piazzare aste di titoli di stato per 20 miliardi di euro.
Ognuno può leggere la dinamica dello spread come preferisce, s’intende: dal deficit di riforme di struttura all’eccesso di pressione fiscale alla bassa produttività totale dei fattori. Tutto vero, per carità, ma sforzatevi (anche e soprattutto se siete accademici, abituati a modellizzare il creato ed a piegarlo ai vostri desiderata) di considerare che ci sono anche flussi di mercato e che, con questa scarsa liquidità, ogni limitata corrente di vendita sui titoli di stato italiani tende ad allargare lo spread ed aumentare i rendimenti. Se poi volete capire il concetto di prosciugamento della liquidità, potete leggere qui (scritto a inizio novembre), oppure una sintesi:
«Che implica, tutto ciò? Semplice: che quando l’avversione al rischio aumenta, i compratori spariscono, i flussi di mercato divengono unidirezionali e si giunge rapidamente alla profezia che si autoavvera: un paese solvibile, perché con avanzo primario, diventa progressivamente insolvente causa impennata dei costi di funding. Una cosa da tener presente, anche riguardo al ruolo di prestatore di ultima istanza che la Bce non ha e che dovrebbe avere. E questo con buona pace dei somari (accademici e non) che da due anni vi dicono che l’Italia è sicura perché ha elevata ricchezza privata e che il nostro debito è posseduto in larga parte da residenti. Non è mai stato vero, peraltro. Quando i compratori (di chiunque si tratti) scompaiono, tutto crolla. Se scompare la liquidità, l’orologio della morte comincia a ticchettare. E ne avete da ribellarvi contro il mercato cinico e baro, ma non vi servirà a nulla. In questi giorni potremmo aver scoperto che nel sistema globale non esiste più capienza per contenere il debito italiano, nelle sue dimensioni attuali»
Che altro aggiungere?