Il rally delle asset class rischiose è proseguito anche nell’ultima settimana, malgrado il ripiegamento di venerdì. Materie prime in flessione settimanale, ma ancora in rialzo da inizio anno. Obbligazionario governativo con prezzi in rialzo, anche nella periferia euro.
Il recupero azionario visto da inizio anno più che la stagionalità riflette, verosimilmente, il fatto che i gestori abbiano iniziato l’anno con posizioni molto leggere dopo un 2011 molto deludente.
Al momento, l’andamento dei mercati rischiosi appare guidato più dalle percezioni di rischio (imminente o mancato) che da una vera e propria tendenza rialzista. C’è infatti motivo di ritenere che la sola riduzione della volatilità attesa o il contenimento delle fonti di rischio esistenti possano innescare un relief rally, dato il posizionamento piuttosto leggero degli investitori, che restano timorosi.
Persistono, come già segnalato, tre maggiori fonti di rischio allo scenario economico e di mercato: Cina, Eurozona e bilancio pubblico statunitense. Nuovi episodi acuti di rischio fiscale americano sembra al momento rinviato a dopo le elezioni di novembre, forse perché i due maggiori partiti sembrano aver preso coscienza che l’elettorato richiede attenzione all’occupazione e non guerre di trincea in Congresso. Riguardo la Cina, gli investitori attendono nuove informazioni circa la bolla immobiliare e il grado di indebitamento del sistema finanziario, anche se traggono conforto dal progressivo rientro delle pressioni inflazionistiche, che aumenta il grado di libertà della politica monetaria in chiave anti-ciclica.
Riguardo la maggiore minaccia alla stabilità globale, la crisi di debito sovrano dell’Eurozona, lo stallo persiste. La Germania e gli altri paesi fiscalmente virtuosi non intendono al momento risolvere la crisi attraverso eurobond o forme di easing quantitativo, perché temono che ciò possa allentare la tensione verso riforme economiche e fiscali nel Sud dell’Europa. Ma è verosimile (oltre che auspicabile, ovviamente) che la Germania opererà per impedire la disintegrazione dell’area. Da inizio anno, gli spread dei paesi periferici si sono ridotti, e le aste dei titoli pubblici hanno generalmente trovato favorevole accoglienza. E’ probabile che parte dei fondi del rifinanziamento triennale della Bce alle banche stiano finendo nei titoli pubblici, soprattutto nella parte a breve della curva. Questo attenua la necessità che la Bce intervenga direttamente sul mercato secondario. I rischi, per la periferia, derivano soprattutto da un eventuale default disordinato della Grecia, oltre che dall’evoluzione dei rapporti di debito e deficit in un contesto europeo sottoposto ad una recessione che rischia di non essere lieve.
Sul mercato del reddito fisso, in settimana rialzi di prezzi interrotti dai downgrade sovrani e dalle notizie sullo stallo della ristrutturazione greca. Il declassamento del debito sovrano francese rischia di danneggiare la capacità dell’EFSF di indebitarsi per erogare ulteriori finanziamenti, alla Grecia e non solo.
I mercati azionari sono analogamente cresciuti fino a giovedì, per poi essere colpiti dal riacutizzarsi della euro-crisi, nella giornata di venerdì. L’elevato livello degli indici di sorpresa economica statunitensi e l’apparente minimo raggiunto dall’attività manifatturiera globale restano tra gli elementi positivi.
Sul mercato dei cambi, da inizio anno i mercati sembrano trasmettere il messaggio che l’euro potrebbe diventare la nuova valuta di finanziamento, dati i suoi tassi bassi e suscettibili di ulteriore discesa e l’azione, attuale e potenziale, della Bce. La visione di consenso per il 2012 vede il dollaro in indebolimento, per la propensione al rischio che dovrebbe prodursi dal riuscire ad evitare una recessione globale e ad alleviare lo stress sovrano. Tuttavia, nel primo trimestre potrebbe prevalere la forza del dollaro, in un quadro volatile causato dai rischi europei (rating, rinnovo del debito sovrano e ristrutturazione del debito greco). Si attendono conferme.
Le materie prime concludono la settimana in lieve ribasso, con il calo dei prodotti energetici che compensa la robusta ripresa dei metalli di base, guidati dal rame. Quest’ultimo ha beneficiato dei dati sulle importazioni cinesi di dicembre, in forte rialzo, che verosimilmente riflettono l’allentamento delle condizioni creditizie e forse alcuni acquisti opportunistici su livelli di prezzo piuttosto depressi. In prospettiva, le materie prime dovrebbero beneficiare del cambiamento di priorità delle autorità cinesi, dal contrasto dell’inflazione alla crescita. Riguardo il petrolio, sta divenendo sempre più probabile che la comunità internazionale imponga nuove sanzioni all’Iran. Più che un blocco immediato, è probabile che i compratori internazionali riducano gradualmente la propria esposizione all’Iran. In questo caso altri produttori dovranno subentrare, e si dovrebbe quindi assistere ad un irripidimento della curva futures, con prezzi a termine progressivamente più alti rispetto a quelli spot.