Il premier Mario Monti, in una intervista al Financial Times, torna a chiedere con forza alla Germania di attivarsi per ridurre i costi dell’indebitamento per il nostro paese, oppure si correrà il rischio di forti reazioni negative da parte degli elettori.
Nel frattempo il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, torna a chiedere che venga apprestato un idoneo firewall, un fondo salva-stati dotato delle risorse necessarie per consentire ai paesi finanziariamente più fragili di accedere a fonti di finanziamento senza dover essere massacrati dalle condizioni proibitive dei mercati, che hanno ormai perso la fiducia che singoli paesi possano trarsi d’impaccio da soli, in quella che è ormai divenuta la trappola mortale dell’Eurozona, come testimoniato dall’audizione di Draghi davanti al Parlamento europeo, nella sua veste di presidente della autorità europea per i rischi sistemici.
Perché il punto è questo: ora che anche l’EFSF è stato declassato da S&P (e lo sarà a breve anche dalle altre agenzie), la sua capacità di erogare finanziamenti, già fortemente limitata, è di fatto ridotta al lumicino. I mercati lo sanno, ed attaccano i paesi più vulnerabili alle condizioni di funding, come il nostro. E si torna al tema del bazooka, l’arma definitiva per “mettere in sicurezza” Italia e Spagna. E’ evidente che i paesi dell’Eurozona non possono stressare ulteriormente i propri bilanci per aumentare il volume di fuoco del fondo salva-stati, né l’EFSF né l’ESM che sta per partire.
Torna quindi di attualità la vecchia idea: usare la Bce per fornire fondi al salva-stati. Inutile girarci intorno. Draghi chiede il firewall definitivo, pur non facendo riferimento alla Bce (anzi), Monti chiede l’aiuto della Germania per ridurre i nostri costi di finanziamento. Qualcuno storcerebbe il naso, di fronte a questa richiesta, ma non è il caso di fare i puristi quanto di evitare una catastrofe. Non è un caso che Monti, nell’intervista al Financial Times, affermi che la Bce dovrebbe sentirsi “più rassicurata” quando sarà stato firmato il maledetto fiscal compact voluto dai tedeschi.
Ancora una volta Monti sollecita il do ut des, austerità fiscale contro espansione monetaria non convenzionale (qualcuno ha detto Regno Unito?). Quello stesso scambio che era andato a vuoto dopo il vertice di dicembre, deludendo S&P che proprio per questo motivo ha messo in negative watch l’Eurozona, finendo poi con il declassarne metà.
Se Monti troverà il modo di farsi ascoltare, riusciremo ad uscirne, pur se pesti e conci. Diversamente, rischiamo un default di proporzioni apocalittiche, preceduto da un calvario greco. Che, in un paese come l’Italia, potrebbe produrre una destabilizzazione dell’intera Europa. Monti ne è consapevole, ora devono esserlo anche i tedeschi.