Euro, cosa siamo diventati

La sintesi più efficace finora letta sullo stato degli affari in Eurozona è del bravo Michael Schuman, di Time:

«Quando scrivo dell’Europa mi viene spesso insegnato che, in quanto yankee, è difficile che io riesca ad apprezzare la motivazione alla base dell’introduzione dell’euro. Io guardo all’esercizio semplicemente in termini di costi e benefici ma l’euro, mi viene detto, è molto più di questo: è uno strumento per promuovere pace e democrazia»

«La mia risposta a queste osservazioni è che l’euro sta fallendo in entrambi gli scopi. Non ha aiutato a trasformare l’Europa in una forte e competitiva economia, capace di competere con gli Usa o con l’ascesa dell’Asia. E dov’è il sostegno reciproco che ci si aspetterebbe dietro la solenne missione dell’euro? Quello che vedo è un’Europa sempre meno democratica, dove i paesi sono forzati ad assumere iniziative irrazionali da vicini potenti ed arroganti, per preservare una moneta comune che offre poco di buono in cambio. L’unione monetaria è diventata un luogo in cui i paesi che beneficiano dell’euro ingrassano e rifiutano di dividere i benefici con i propri compatrioti ridotti alla fame. Questo è un tipo di “pace e democrazia” di cui posso fare a meno»

Se Schuman avesse chiamato per nome questi “vicini arroganti” che costringono a “iniziative irrazionali” sarebbe stato perfetto, ma già così è più che sufficiente a dare il senso.

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