Universi monetari paralleli

Sul suo blog, Gavyn Davies prova ad analizzare cosa accadrebbe se la Grecia introducesse nel proprio sistema economico una moneta parallela all’euro, nell’ipotesi in cui il paese dovesse fare default sul debito corrente ma restare nell’euro. Dall’analisi emerge quello che già sappiamo da tempo: non finirebbe bene.

Prendendo le mosse dalle considerazioni degli economisti Thomas Mayer (di Deutsche Bank) e Huw Pill (di Goldman Sachs), che nei giorni scorsi si sono esercitati nella simulazione, Davies ipotizza l’introduzione di una moneta “domestica” greca per colmare il deficit di bilancio del paese, necessaria in caso di permanenza nell’euro ma di interruzione dei trasferimenti internazionali, cosa che accadrebbe in caso di moratoria dichiarata unilateralmente da Atene.

Intanto, non di “moneta” vera e propria si tratterebbe, in quanto operazione vietata dai trattati, quanto di veri e propri “pagherò”, con i quali finanziare l’acquisto di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione, soprattutto stipendi pubblici e pensioni. Questi pagherò sarebbero convertibili in euro, e per essi si formerebbe un mercato parallelo informale, che determinerebbe quindi il rapporto di cambio tra euro e moneta greca. Superfluo ipotizzare un deprezzamento molto pesante, da subito.

Di fatto, l’operazione sarebbe equivalente alla riduzione di stipendi e salari domestici. Come afferma Huw Pill di Goldman, sarebbe un modo per fare default sui pagamenti interni. Ma ben difficilmente si tratterebbe di quella svalutazione interna necessaria (in astratto) per l’aggiustamento di squilibri macroeconomici in un contesto di moneta unica (l’euro). Come scrive Pill, infatti,

«La nuova moneta greca sarebbe scambiata contro euro con un elevatissimo sconto. In quel senso, essa servirebbe come un modo per fare default nei pagamenti interni alla Grecia, piuttosto che come meccanismo per migliorare la competitività. Il tasso di cambio reale non si deprezzerebbe perché il più competitivo cambio nominale sarebbe compensato dall’impatto dell’inflazione sui prezzi»

Perché ci sarebbe inflazione? Perché la popolazione, accortasi che il governo sta stampando moneta per fare fronte ai propri debiti, tenterebbe immediatamente di ottenere aumenti di prezzi e salari per compensare l’arrivo sul mercato di questa carta (o cartaccia).

Tra una forte perturbazione inflazionistica (e l’eventuale ritorno al baratto) ed il caos primordiale, ci sarebbe nel mezzo il destino delle banche greche. Visto che stiamo ipotizzando che il paese ha fatto default sul proprio debito corrente, sarebbe verosimile attendersi la sospensione immediata di ogni e qualsiasi aiuto (leggasi finanziamento) da parte della Bce. In quel caso, le banche greche fallirebbero istantaneamente, ed alla corsa agli sportelli farebbe probabilmente seguito una terrificante anarchia. Si potrebbe tuttavia ipotizzare, come fa Davies, che la Bce e la Ue interverrebbero, volendo evitare il peggio.

In quel caso si immagina che le banche greche vengano rilevate dal fondo salva-stati e poste in una sorta di bad bank continentale, dove continuerebbero ad essere finanziate dalla Bce. Quest’ultima aumenterebbe la propria esposizione al rischio, ma almeno la base di depositi in euro della Grecia continuerebbe (più o meno) ad esistere, e con essa il sistema dei pagamenti esterni in moneta unica del paese ellenico. Il tutto fin quando Atene non giungesse al riequilibrio di bilancio pubblico (e di partite correnti) e potrebbe ripartire, stando nell’euro tutto il tempo e pagando il solo dazio della presenza di questi patacones-pagherò nella propria economia.

Davies è molto scettico sulla stabilità di un simile assetto, e noi con lui. Finirebbe nel caos nel giro di pochi giorni. Ma almeno oggi abbiamo occupato tempo con questa simulazione. Meglio della Playstation, no?

Un paio di parole sull’altro (e completamente diverso) sistema di “monete” locali, che in questi giorni sta eccitando gli autarchici di casa nostra, per motivi imperscrutabili. La base teorica è l’ipotesi di Massimo Amato e Luca Fantacci, due docenti universitari che stanno cercando di avviare a Nantes un sistema di credito cooperativo tra imprese, per ridurre gli effetti negativi del credit crunch. In pratica, le aziende conferirebbero ad una sorta di “camera di compensazione” i propri crediti commerciali, che verrebbero quindi immediatamente resi liquidi ed utilizzabili, senza bisogno di farseli scontare in banca, con tutti i costi del caso.

Idea molto lineare, tipicamente figlia di un periodo di grave crisi come l’attuale. Ha la controindicazione di essere massimamente applicabile alla scala locale, cioè a crediti e debiti tra imprese di uno stesso comprensorio. Forse una scelta necessaria, data la scala della sperimentazione, o forse il sottoprodotto “ideologico” del pensiero anti-globalizzazione. Come che sia, l’idea potrebbe funzionare su scala molto limitata, anche se non è chiaro che accadrebbe alle posizioni di imprese che dovessero fallire, ed ai crediti verso esse. Di certo, la camera di compensazione qui prevista non è una clearing house, perché quest’ultima serve per operazioni ad alta leva finanziaria, come quelle sui derivati, mentre qui si conferirebbero crediti già esistenti, liquidi (forse) ed esigibili, al loro valore nominale. E comunque si tratta di una risposta adattiva da parte del sistema delle imprese, non dell’introduzione di una nuova moneta.

L’unica certezza è che chi si attende esiti dirompenti da una simile proposta resterà deluso. Con buona pace di anti-signoraggisti e no global, che stanno già copiosamente salivando.

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