I mercati azionari si stabilizzano ma altri mercati rischiosi, quali materie prime, credito e valute emergenti, perdono ancora colpi. Prosegue il recupero di dollaro e obbligazioni “sicure” (Treasury e Bund), in funzione anti-rischio. I dati economici deludono.
Gli indici dei direttori acquisti in Europa e Cina segnalano un ulteriore rallentamento dei livelli di attività, preludio di formali revisioni al ribasso delle stime di crescita. L’attenzione resta centrata sulla crisi dell’Eurozona come principale fattore di rischio in grado di far ripiombare l’economia mondiale in recessione. In media, gli spread di rendimento in settimana si sono ristretti, ma il grosso di tale movimento si è verificato a beneficio della Francia, il cui titolo di stato decennale ha visto un eclatante calo di rendimento di 34 centesimi. Questo movimento riflette forse la speranza che la Bce possa decidere in tempi brevi la terza puntata dell’asta straordinaria triennale (LTRO), anche se l’evento appare al momento prematuro. La cena del Consiglio europeo di mercoledì 23 maggio non ha prodotto novità di rilievo se non la conferma del crescente isolamento tedesco sul tema dei cosiddetti eurobond, o debito comune, e della loro necessità già nel breve periodo. Nel corso delle prossime settimane proseguiranno i numerosi episodi di guerra di nervi in corso: tra la Grecia ed il resto dell’Eurozona sulla rinegoziazione dell’austerità; ma anche tra la Germania ed il resto dell’area sulla necessità degli eurobond oltre che tra Bce ed autorità fiscali nazionali su chi ha la maggiore responsabilità di salvare l’euro.
Secondo le stime di posizionamento, gli investitori (sia retail che istituzionali) dovrebbero essere in posizione di allocazione neutrale o solo lievemente corta sull’azionario. Molti continuano ad avere posizioni di sovrappeso di obbligazioni societarie rispetto alle governative, giustificate da livelli di spread molto ampi rispetto alla media ciclica storica. Complessivamente, pare quindi di poter affermare che l’evento peggiore non è stato ancora incorporato nelle allocazioni di portafoglio. Il rilevante incremento del rischio sistemico di collasso dell’unione monetaria europea richiede di aumentare le forme di copertura del “rischio-euro”, e ciò avviene in larga misura con posizioni corte sulla moneta unica.
Sul mercato del reddito fisso, i governativi tedeschi proseguono il loro apparentemente incoercibile rally. L’indebolimento dei dati macroeconomici resta elemento a supporto dell’obbligazionario “sicuro”, affiancandosi a quella che è ormai la motivazione principale di tale movimento, la crisi dell’Eurozona. Rispetto alla quale sembra non doversi attendere maggiore chiarezza nel breve termine, con i sondaggi che indicano ancora incertezza sull’esito delle nuove elezioni greche (Syriza al comando ma con margine di vantaggio su Nuova Democrazia molto contenuto), ed i leader europei riluttanti ad annunciare nuove misure prima della elezione, al netto del palese disaccordo su quali strumenti utilizzare. La strada che porta agli eurobond resta molto lunga ed impervia, malgrado l’apparente ottimismo di Mario Monti, peraltro in seguito ridimensionato.
Mercati azionari in stabilizzazione in settimana. Le deboli stime preliminari degli indici dei direttori acquisti (PMI) per Eurozona, Cina e Stati Uniti puntano ad esiti di produzione industriale in ulteriore indebolimento, a detrimento dei ciclici rispetto ai difensivi. A livello regionale, le attese restano per l’annuncio di un programma di stimolo fiscale cinese entro l’estate, prima del cambio di leadership politica del paese, che avverrà in autunno.
Sul mercato dei cambi, al passo corrente il dollaro completerà il mese di maggio con un rally di prezzi e volatilità comparabili alle precedenti crisi dell’Eurozona delle estati 2010 e 2011. La sequenza si ripete. Utilizzando come parametro di riferimento la crisi innescata dal crollo di Lehman, si giungerebbe a stimare al 50 per cento l’incorporazione nei prezzi dell’evento di defezione della Grecia.
Lieve ribasso in settimana per le materie prime, spinte dall’agricoltura, con il mais in ribasso dell’8 per cento. La superficie coltivata a mais negli Stati Uniti è attesa ai massimi dal 1937, ed il Dipartimento dell’Agricoltura stima un’elevata resa del raccolto, destinata quindi a pesare al ribasso sui prezzi nel breve termine. La vastissima area coltivata spinge la domanda per fertilizzanti, che a sua volta esercita pressione rialzista sui prezzi del gas naturale, che negli Stati Uniti sono i più bassi al mondo, per effetto dello sfruttamento degli scisti. Dai minimi, tuttavia, i prezzi del gas naturale sono risaliti del 30 per cento, grazie al maggiore utilizzo da parte delle industrie ad alta intensità energetica, attratte dalla convenienza della materia prima.