Macromonitor – 17/6/2012

Rimbalzo del mercato azionario in settimana su verosimili ricoperture in attesa del fine settimana elettorale greco. I mercati accolgono male il prestito per salvare le banche spagnole e un nuovo episodio di contagio coinvolge anche il nostro paese.

Tra gli esiti possibili della nuova elezione greca emerge che probabilmente la coalizione vincente dichiarerà di voler mantenere il paese nell’euro. Una coalizione costruita attorno a Nuova Democrazia probabilmente richiederà alla Ue un aiuto per gestire la grande debolezza dell’economia, ottenendo un inevitabile assenso, eventualmente presentato al pubblico come do ut des. In caso di vittoria di Syriza, per contro, è verosimile attendersi un clima di confronto più aspro con le autorità europee, con rischio di irrigidimento delle parti negoziali che condurrebbe a progressivo blocco degli ulteriori finanziamenti alla Grecia ed al rischio che la situazione sfugga di mano, oltre ad assumere connotati di contagio esplicito verso altre parti deboli della struttura europea.

Ma i problemi non finiscono con la Grecia. I dati economici statunitensi continuano a deludere ed in Eurozona il costo del finanziamento continua a crescere in modo preoccupante per Italia e Spagna. I deboli dati di vendite al dettaglio e sussidi di disoccupazione stanno portando alcune case d’investimento a limare ulteriormente le stime di crescita per Stati Uniti e paesi emergenti. Al momento non c’è modo di prevedere la durata di questa nuova fase di debolezza congiunturale statunitense, che potrebbe derivare anche da cautela delle imprese a fronte della rilevante incertezza oggi esistente riguardo le prospettive di politica fiscale.

Nelle prossime settimane sono attese nuove misure espansive da parte delle maggiori banche centrali, anche se l’istituto di emissione che dovrebbe agire in modo più risoluto, la Bce, appare in attesa degli eventi e non particolarmente incline ad usare le proprie munizioni. Ma è evidente che, soprattutto negli Stati Uniti, se la cautela delle imprese ad investire deriva da incertezza politica, non è la liquidità che potrà dimostrarsi decisiva per la ripresa della crescita quanto le risposte su come gestire debito e deficit. Per gli Stati Uniti è ormai acquisito che bisognerà attendere dopo le elezioni presidenziali di novembre, ma l’Ue viene sollecitata a produrre soluzioni di ampio respiro già dal Consiglio europeo di fine giugno, sotto pena di nuovi violenti attacchi speculativi.

In questo senso, servirebbe un allentamento monetario e fiscale. Rispetto a Stati Uniti e Giappone, che non sono in recessione, l’Eurozona ha una posizione fiscale e monetaria più restrittiva, avendo rendimenti dei titoli di stato più elevati (soprattutto in periferia) e deficit fiscali mediamente più bassi. Appare sempre più evidente che la crisi dell’Eurozona deve essere gestita da finanziamenti comuni e federalismo fiscale. Anche un regolatore bancario unico, magari sottoposto alla Bce, ed un passo verso la mutualizzazione del debito, anche nella versione del redemption fund di cui si è tornato a parlare in questo periodo, originariamente proposto in Germania, potrebbero rappresentare rilevanti discontinuità. In assenza delle quali, la crisi è destinata a prolungarsi ed aggravarsi.

Sui mercati obbligazionari, la settimana ha visto un nuovo rialzo dei rendimenti in Spagna, guidato da timori relativi all’aumento di debito sovrano conseguente al prestito comunitario alle banche spagnole, ed alla eventuale subordinazione degli obbligazionisti al fondo ESM, in caso fosse quest’ultimo ad erogare il prestito. Ma in settimana si è avuto anche un vistoso indebolimento dei prezzi dei Bund tedeschi, e l’annuncio di un allentamento del credito da parte della Bank of England. Nella periferia europea, rendimenti elevati e crescenti indicano oggi soprattutto la limitata capacità degli investitori domestici ad assorbire vendite estere, oltre a nuovi e più ampi deficit di bilancio, causati dalle misure di austerità, che devono a loro volta essere coperti con nuovo indebitamento. Le vendite sui Bund tedeschi derivano da timori che in prospettiva la posizione fiscale tedesca finirà col fondersi con quella della periferia, oltre che da cambiamenti nella regolamentazione dei fondi pensione.

I mercati azionari sono cresciuti verso la fine della settimana, su speculazioni di risultati favorevoli delle elezioni greche, con l’affermazione di Nuova Democrazia. Le posizioni azionarie degli investitori sono pesantemente sottopesate, quindi una eventuale conferma dello scenario di cui sopra potrebbe innescare un rally di ricoperture.

In settimana ulteriore calo di circa il 2 per cento per i prezzi delle materie prime, guidato da energia ed agricoltura. Giovedì il vertice Opec ha prodotto l’esito di lasciare invariato il livello di produzione di 30 milioni di barili giornalieri, fissato lo scorso anno. Ma nel frattempo la produzione libica è tornata ai livelli pre-conflitto e quella irachena è aumentata. Ciò ha portato l’Opec a superare tale obiettivo di produzione, malgrado il calo di esportazioni iraniane, dovuto alle sanzioni. Tale livello di offerta, unito ad aspettative economiche in deterioramento, ha condotto a forti ribassi dei prezzi, a pronti e a termine. Malgrado il nulla di fatto della settimana scorsa, l’ipotesi che l’Opec giunga a tagli di produzione per sostenere i prezzi resta in essere.

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