Si chiama guerra

I costruttori automobilistici tedeschi si oppongono risolutamente a creare un fronte comune per chiedere all’Unione europea un aiuto contro l’eccesso di capacità produttiva del settore. “I nostri colleghi tedeschi non ci sentono”, ha detto Sergio Marchionne, nella sua veste di presidente della associazione dei costruttori automobilistici europei, ACEA.

Secondo le previsioni di una società specializzata, l’eccesso di capacità produttiva in Europa occidentale quest’anno potrebbe più che raddoppiare, toccando la vetta angosciante di due milioni di veicoli. I costruttori tedeschi sono meno esposti al crack europeo, vendendo in Cina e negli Stati Uniti, mentre Fiat e le francesi sono pesantemente esposte sui rispettivi mercati domestici, e soprattutto lontani dai segmenti di mercato più elevati. Secondo la banca svizzera Ubs il costo annuo dell’eccesso di capacità produttiva europea sarebbe dell’ordine di 7,4 miliardi di euro. A luglio Volkswagen aveva minacciato di lasciare l’ACEA in segno di protesta contro Marchionne, che aveva affermato che i costruttori tedeschi stavano cercando il “bagno di sangue” in Europa.

I fatti stanno dimostrando che Marchionne aveva ragione, almeno su questo. E’ del tutto evidente che i costruttori tedeschi potranno permettersi di resistere per qualche tempo a perdite inflitte dalla congiuntura, in attesa di vedere capitolare concorrenti francesi e la stessa Fiat (che definire “concorrente” delle auto tedesche rischia di essere licenza poetica). Quando il fumo si sarà dissolto e la capacità produttiva sarà stata sanguinosamente tagliata, i tedeschi avranno vinto.

Nel frattempo, pensate a cosa attende la Francia, in uno scenario del genere. Quanto a quel che attende l’Italia, potete arrivarci da soli.

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