Ieri, Pierluigi Bersani ha fatto una dichiarazione che partiva come condivisibile ma finiva col suscitare perplessità. Per contro, Silvio Berlusconi è rimasto a lanciare proclami fondati sul nulla e neppure originali. Mancano notizie, è quello il problema di questo periodo.
Partiamo da Bersani, che ha commentato quello che è da molte stagioni uno dei luoghi comuni più logori e logoranti del dibattito sul welfare italiano: la flexicurity danese. Sostiene Bersani:
«A chi mi dice perché non faccio la flexicurity io rispondo: datemi i soldi e io domattina faccio la Danimarca…»
La frase, almeno in prima approssimazione, non suona male. Per tutelare il lavoratore e non il posto di lavoro servono soldi, e non pochi, e capita che il nostro paese sia in una crisi fiscale senza precedenti, a differenza della Danimarca. Ma Bersani va oltre, per completare il proprio pensiero:
«Si può anche discutere di maggiore flessibilità se lasci a casa qualcuno ma quando hai soldi per garantire per tre-quattro anni il reddito. Non raccontiamoci gli asini che volano»
Si tratta di un puro bersanese, come si nota. E peraltro non è affatto chiaro perché si debba ragionare su un arco temporale di “tre-quattro anni”. Il punto è noto alla nausea: per fare riforme servono soldi, i soldi sono risorse fiscali, le risorse fiscali derivano dalla crescita. Se manca la crescita, e siamo impegnati ad inseguire il pareggio di bilancio, inutile parlare di riforme. A mo’ di esempio, guardate l’Aspi, il sussidio di disoccupazione universale o presunto tale introdotto con la riforma Fornero dello scorso anno. E’ una misura gracile, perché minata dalle fondamenta dalla drammatica carenza di risorse fiscali disponibili. Quindi, con questa dichiarazione, Bersani fa esercizio di realismo, almeno in prima approssimazione. Ma nella prossima legislatura serviranno soprattutto due cose: fantasia e coraggio. Lo tenga presente, il premier in pectore.
Berlusconi, per contro, dimostra di avere esaurito la fantasia molto tempo addietro, e di essere impegnato con le repliche del suo musical oltretombale. Per riassorbire la disoccupazione giovanile, ecco la proposta ruminata: chi assume giovani per 3-4-5 anni non paga contributi né tasse, “è come se fosse un’assunzione in nero”. Qui non c’è, nei fatti, alcuna indicazione sulle modalità di copertura di un simile provvedimento, al netto dei tentativi di qualche volenteroso supporter. I neoassunti sarebbero in regime protratto di decontribuzione. E visto che siamo in un regime pensionistico contributivo puro, ormai, delle due l’una: o questi giovani neoassunti accettano di non avere pensione, o di averla con buco contributivo pluriennale (“come se fossero assunti in nero”, solo che qui avremmo il “nero di stato”), oppure lo stato deve versare i contributi per loro, su base figurativa, ed il costo per le casse pubbliche esisterebbe eccome, anche senza prendere in considerazione il fatto che per un provvedimento del genere servirebbe un iter comunitario.
Quindi, se l’operazione avvenisse producendo deficit pubblico, servirebbe liberarsi dei vincoli europei. Ma rischieremmo di cadere nel “sogno penatiano“, una gigantesca operazione di deficit spending, ai confini della realtà. In alternativa, se restiamo in questo mondo, dobbiamo indicare la copertura. Discorso analogo per il richiamo alla velocizzazione dei pagamenti della P.A. alle imprese dove, come dice Silvio, “lo stato deve prendere atto di questa situazione”. Ottimo, ma anche qui specifichiamo: paghiamo il pregresso facendo deficit e debito aggiuntivi? Oppure tagliamo da un’altra parte? O magari aumentiamo le accise? Boh, il Cavaliere non lo dice. Se qualcuno dei “consiglieri” di Berlusconi si prendesse la briga di fare una simulazione, vedrebbe dei numeri di deficit molto suggestivi. Ma, come noto, in questo paese i numeri non hanno diritto di cittadinanza, a differenza delle idiozie.
Dell’altra proposta di Berlusconi, quella del silenzio-assenso sui regimi autorizzativi pubblici, inutile tornarci, per rispetto della nostra e (soprattutto) vostra intelligenza. Il problema è, al solito, un altro: post come questo non dovrebbero neppure esistere perché chiunque, dopo venti anni di persistenza con queste fiabe, in un paese normale sarebbe già stato “silenziato” dal corpo elettorale. Ma non in questo ridicolo paese, evidentemente.