Dal primo luglio cessa la concessione del Comune di Roma con Equitalia. La riscossione dei tributi, da quel momento, avverrà direttamente da parte di Roma Capitale con il supporto di Aequa Roma. La cosa era risaputa, in quanto prevista da una legge della stato ma tutto serve, quando si è in campagna elettorale e si cercano disperatamente argomenti per coccolare la ‘ggente. Ed anche il buon Gianni Alemanno non si è sottratto al momento.
Per le strade di Roma vi sono ad esempio cartelloni che annunciano la lieta novella: “Giunta Alemanno. Abbiamo liberato Roma da Equitalia“. E poco conta o cambia sapere che il “mostro” Equitalia è nata nel 2005 per un atto del governo Berlusconi III, di cui Alemanno era pure ministro (delle politiche agricole, nella fattispecie).
E fu un altro governo Berlusconi, quello agonizzante della primavera del 2011, che decise a furor di popolo di attribuire ai comuni la riscossione dei tributi locali, ponendo fine al “regime transitorio” di Equitalia. Il passaggio di consegne, originariamente previsto per il 31 dicembre 2012, è poi stato prorogato dal governo Monti al 30 giugno prossimo. Ci siamo, quindi. Ed Alemanno non sta più nella pelle.
La nuova struttura di riscossione, infatti, sarà dotata di un bel Comitato etico (non mettete mano alla fondina, per ora), la cui funzione è enfaticamente illustrata dallo stesso Alemanno, corsivi nostri:
«Tutte le famiglie e le imprese che non possono pagare e lo dimostrano al Comitato etico, saranno esonerati dal pagamento che sarà sospeso fino a quando non muteranno le loro condizioni economiche. (…) questa è una rete protettiva che evita suicidi e la chiusura di imprese»
Che pare proprio un vaste programme, in effetti. A cosa possa servire un “comitato etico” su problematiche di questo genere, non è dato sapere. Forse alcune vicende saranno più meritevoli di altre, proprio sul piano “etico” (in base a quali sensibilità?), ma resta il rischio di eccessiva discrezionalità politica nella valutazione di “meritevolezza” della rateizzazione. Tra le altre coccole al contribuente è previsto l’azzeramento dell’aggio in caso di riscossione coattiva, l’aumento del tetto minimo per iscrizione di ipoteca ed espropriazione immobiliare, che passa da 20.000 a 30.000 euro, ed arriva a 50.000 euro se si tratta di prima casa. Che dirà Silvio, che in campagna elettorale aveva predicato la impignorabiità assoluta della casa di abitazione? Infine, è prevista una rateizzazione sino a 100 rate.
Sin qui, tutto bene. Occorre certamente evitare le forme più becere di azione contro i contribuenti, di cui Equitalia si è spesso resa protagonista. Ma questo meritevole proposito rischia di scontrarsi con la congenita ristrettezza finanziaria in cui versano i comuni italiani, Roma inclusa. Che accadrebbe, infatti, se per esigenze di consenso (oltre che di effettiva gravità della congiuntura) si dovesse giungere ad importanti e massicce rateizzazioni a beneficio di un numero crescente di contribuenti? Che il comune di Roma avrebbe un improvviso fabbisogno finanziario aggiuntivo. Da colmare, se si vogliono chiudere i bilanci ed evitare il dissesto.
C’è quindi un fatale tradeoff tra esigenze di “umanità” nella riscossione e tensioni finanziarie degli enti locali. E questo tradeoff esiste ormai da molto tempo. Il problema è che, in tempi di crescenti ristrettezze economiche, il fisco diventa una importante fonte di cassa, e le istanze garantiste finiscono fatalmente in secondo piano, spesso travolte dal solito moto di sdegno popolare contro “gli evasori”, che nelle menti più fervidamente fantasiose e militanti possono potenzialmente essere pressoché tutti i cittadini. Perché evasori son sempre gli altri, ovviamente. Curioso, peraltro, che il concetto di “etica” ricorra sia nel caso di proposte fiscalmente forcaiole che di quelle più “umanitariamente” garantiste. Sono politici, i migliori alleati della ‘ggente. Simul stabunt, simul cadent. Soprattutto in paesi di incultura liberale assoluta come l’Italia.