Tax expenditures, e proprio non ci arrivano

Mentre attendiamo che la fantasmatica Legge di Stabilità venga sottoposta alle consuete aberrazioni licenze poetiche del percorso parlamentare, è utile richiamare l’attenzione su quello che pare diventato uno dei luoghi più comuni delle leggi di bilancio e delle manovre correttive italiane, già dai tempi dell’ultimo, nefasto governo Berlusconi: le cosiddette clausole di salvaguardia. Che poi altro non sono che dei segnalibro, a futura memoria di aumenti di pressione fiscale. Con l’occasione è parimenti utile ribadire un concetto sulle linee guida di una riforma fiscale virtuosa che da noi è rapidamente mutata in viziosa, complice la crisi ma non solo.

Come si può leggere da questo articolo del bravo Mario Sensini sul Corriere, la clausola di salvaguardia di questa legge di Stabilità (che poi altro non sono che i famosi “piloti automatici” che rassicurano la miopia della Commissione Ue e l’orientamento al breve termine dei mercati finanziari), è la previsione di tagli alle detrazioni Irpef. Si tratta della antica idea di eliminare i tax loopholes per ampliare la base imponibile e finanziare, attraverso il maggiore gettito che ne deriverebbe, la riduzione delle aliquote nominali d’imposta. Questa era l’idea virtuosa, di tipo supply side. Invece, vista la crisi e la continua contrazione di gettito, ecco che lo sfoltimento delle detrazioni d’imposta finisce col fare cassa, e di conseguenza ad aumentare la pressione fiscale complessiva.

Dalla “razionalizzazione” di tali agevolazioni fiscali, da attuare entro il prossimo 31 gennaio, il governo punta a recuperare -si dice- intorno ai 500 milioni. La clausola di salvaguardia prevede che, se non si deciderà quali detrazioni tagliare (ci sono mutui, spese sanitarie, rette scolastiche ed universitarie, erogazioni liberali), si arriverà al taglio lineare su tutto, e la detrazione d’imposta passerà dal 19 al 18% su tutto. Ma non finisce qui. Poiché è previsto che dalla razionalizzazione delle agevolazioni d’imposta derivi un risparmio di 3 miliardi nel 2015, che saliranno a 7 l’anno dopo, ecco che il rischio di altri tagli lineari alle agevolazioni rischia di essere una certezza. A meno che, entro il 31 marzo del 2014, vengano identificati equivalenti tagli di spesa sui saldi tendenziali, per mano del nuovo commissario alla spending review, Carlo Cottarelli. Auguri.

Quindi, quando il premier Enrico Letta, in conferenza stampa, ha stimato una riduzione di pressione fiscale complessiva, è molto probabile che si riferisse all’aumento di gettito spontaneo (quello a legislazione fiscale invariata) che deriverebbe da una ripresa del Pil. Più assurdo il fatto che personaggi di grande esperienza e supposta competenza in materia, quali il sottosegretario al Lavoro, Carlo Dell’Aringa, vadano a Ballarò e affermino candidamente che “il taglio delle tax expenditures è necessario, se ne parla da tempo”. Certo, se ne parla da tempo ma a pressione fiscale invariata, per ridurre le distorsioni dei tax credit e le aliquote nominali, non per chiudere buchi di bilancio!

Questa sembra la stessa manfrina e la stessa fallacia del sottosegretario all’Economia, Pierpaolo Baretta, che va in televisione a dire che l’aumento Iva “ce lo chiede l’Europa” (aridaje) per “spostare la tassazione dalle persone alle cose”, dimenticando che il gettito aggiuntivo dell’aumento Iva (se mai vi fosse) non andrebbe a ridurre l’Irpef o il cuneo fiscale, come dovrebbe avvenire, ma a chiudere buchi di bilancio pubblico, causati dalla crisi.

Allora, proviamo a riepilogare la sequenza, ad uso dei sottosegretari e non solo di loro:

  • Se il Pil cresce, si crea un aumento “spontaneo” del gettito tributario, a legislazione invariata;
  • Questo “extragettito” (o tesoretto, ad uso dei cleptocrati del tassa & spendi) in condizioni normali dovrebbe servire a ridurre le spese e/o tagliare le imposte;
  • Invece, quando c’è grossa crisi ed il Pil si contrae, cala anche il gettito d’imposta e si aprono buchi nei conti pubblici che occorre colmare (“ce lo chiede l’Europa”) con aumenti di entrate e/o tagli di spesa;
  • Da quanto sopra consegue che, nel breve termine, se l’economia si sta contraendo, anche tagli di spesa (e si, anche i famosi “sprechi”, che sono sempre quelli degli altri) esercitano un effetto di contrazione sull’economia.

E’ più chiaro, così? Ne dubitiamo assai.

Aggiornamento – Se siete preoccupati per le vostre detrazioni al 19%, rilassatevi. In alternativa al loro taglio lineare, è previsto un bell’aumento delle accise su carburanti e tabacchi.

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