Intervistato dal Messaggero, il viceministro all’Economia, Stefano Fassina, fornisce alcune indicazioni su un eventuale intervento pubblico per consentire alle banche di liberare spazio nei propri bilanci, e tornare quindi a prestare. Il problema è che il suggerimento non sta particolarmente in piedi sul piano del mercato (e passi, non è così grave), ma soprattutto su quello della logica.
Sostiene Fassina:
«Stiamo studiando un meccanismo per agevolare il credito verso le piccole imprese: un sistema di cartolarizzazione dei crediti delle banche che poi sarebbero acquistati dalla Cassa Depositi e Prestiti. Così le banche libererebbero i loro portafogli da questi prestiti e sarebbero in grado di concederne di nuovi»
Al tempo, con ordine e per gradi. Intanto, se i crediti delle banche sono in bonis, cioè non in sofferenza, non è chiaro cosa impedisca alle banche medesime di effettuare l’operazione in regime di mercato. Si crea una bella asset backed security, pure in multi-tranche, e via. Per quale motivo la Cassa Depositi e Prestiti debba svolgere la funzione del mercato, non è dato sapere.
Se invece quei crediti sono in sofferenza, pare di capire che la CDDPP avrebbe il ruolo, assai improprio, di bad bank. Anche qui, perché? Intanto, c’è un mercato anche per i cosiddetti non performing loans, ed in questo periodo sta tentando di risollevarsi, sia pure con grande cautela: abbiamo visto operazioni di cessione di cartolarizzazioni di non performing loans in Spagna, ad esempio, sia pure per piccoli importi. Il problema è, come in tutto nella vita, il prezzo. Lo stralcio di questi crediti in sofferenza dal bilancio delle banche rischia di avvenire a prezzi inferiori al loro valore contabile netto. Ciò determinerebbe nuove minusvalenze che si abbatterebbero sul conto economico delle banche e, per questa via sul loro stato patrimoniale.
E’ il problema di ogni bad bank, alla fine: il prezzo al quale stralciare i crediti ammalorati. Se i crediti venissero venduti alla CDDPP a prezzo superiore a quello di mercato, avremmo un sussidio pubblico alle banche, oltre che un bel ceffone al risparmio postale degli italiani. E’ vero che le banche hanno bisogno di ridurre la dimensione del proprio bilancio, per convergere verso Basilea III, ma non sta scritto da nessuna parte che le banche finirebbero col sostituire prestiti ad altri prestiti. Un filo di logica ogni tanto non guasterebbe.
Da ultimo, una domanda a Fassina dall’intervistatore del Messaggero:
Lo Stato darebbe la sua garanzia come chiede Confindustria, per agevolare questo sistema?
«Stiamo valutando questa possibilità»
E peggio mi sento. Ma a parte ciò, per quale motivo lo stato dovrebbe dare la propria garanzia, aumentando con un tratto di penna lo stock debito-Pil? Davvero si pensa che il rischio sovrano italiano sia inferiore a quello delle banche commerciali italiane, che con il sovrano sono legate in modalità siamese? Il problema resta sempre quello: se la congiuntura si stabilizza ed il Pil (almeno quello nominale, non siamo troppo choosy) smette di contrarsi, la dinamica delle sofferenze rallenta e possono avviarsi cessioni di crediti (in bonis e non performing, questi ultimi dopo corretta valorizzazione a bilancio, con ripulitura finanziata dalla ripresa della redditività delle banche) per via cartolarizzata. Se invece continua a marcire tutto, non c’è Cassa Depositi e Prestiti che tenga. Prima Fassina (e non solo lui) ci arriva, meglio è.