Che fare della montagna di debito?

Parlando davanti alla Commissione Affari Economici e Monetari del Parlamento europeo, il numero due della Bce, il portoghese Vitor Constancio, ha detto:

«Non si può aspettare di avere una crescita economica elevata come vent’anni fa per ridurre il debito nell’Unione europea»

Ottimo punto, avevamo anche noi il vago sospetto che, anche al netto della persistente stretta fiscale, la carenza di crescita sarà il tema (non solo europeo) dei prossimi anni.

Senza arrivare a citare e dibattere le tesi della “stagnazione secolare” (e di carenza di domanda) enunciata da Larry Summers (qui una lettura consigliata, per chi vuole approfondire e non limitarsi a slogan redistribuzionisti o altre amenità), il punto resta, per l’Eurozona e non solo, visto il livello storicamente elevato delle metriche di indebitamento, pubblico e privato, in ampia parte del pianeta sviluppato; aumento che pure ed in modo contraddittorio si accompagna a tassi reali in un trend cedente iniziato prima della Grande Recessione (sul tema, leggere Gavyn Davies).

Ma se crediamo alle premesse (crescita latitante), per gestire l’elevato rapporto debito-Pil le ricette sono sempre quelle: ristrutturazione, cioè default; repressione finanziaria, per costringere le istituzioni finanziarie ed i privati a sottoscrivere e rinnovare il debito pubblico a tassi reali molto bassi o negativi; fiammata inflazionistica sostanziale e protratta, per abbassare il valore reale del debito; oppure uso estensivo di operazioni di easing quantitativo, che realizzano una partita di giro nel senso che non si tratterebbe di monetizzazione diretta di deficit bensì di un “prestito infruttifero” delle banche centrali ai propri governi, visto che l’acquisto di titoli di stato avverrebbe sul mercato secondario e non all’emissione, ed a tassi “di mercato”, ma alla fine l’utile da interessi percepito dalle banche centrali verrebbe girato integralmente ai Tesori nazionali. Oppure possiamo scuoiare la popolazione di tasse, magari presentate come patrimoniale straordinaria, o a “botta secca”, alla quale sfuggirebbero quelli che sono davvero ricchi visto che il capitale, quello vero, resta eccezionalmente mobile. In modo complementare, possiamo anche azzerare il welfare. Tanto in Italia è già morto di suo, in termini di inefficacia sostanziale.

Per la Bce sarebbe più complesso arrivare all’easing quantitativo, vista la struttura istituzionale dell’Eurozona, ma di fronte a tendenze planetarie improntate alla “finzione” del tasso di mercato, alla fine si arriverebbe all’adeguamento/omologazione anche della “nostra” banca centrale. Perché tanta sicurezza? Semplicemente perché l’alternativa sarebbe la catastrofe. Poi, Draghi ed i sostenitori di riforme strutturali (che comunque servono) possono anche continuare a ripetere in pubblico che per questa via si risolverà tutto, ma non scommetteremmo sul radicamento di tali convincimenti anche in privato. E la frase di Constancio, anche presa al suo “valore facciale”, è comunque molto suggestiva. Ciò detto, resta valido il canone esistenziale che dovreste conoscere: “andrà molto peggio, prima di andare meglio”. Soprattutto per noi italiani.

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