Macromonitor – 13/4/2014

Vistosa correzione dei mercati azionari in settimana ma senza una chiara determinante. Possibile quindi si tratti di prese di profitto indotte da nervosismo per mancanza di nuove motivazioni rialziste dopo i recenti massimi storici.

Da inizio anno, di fatto, i mercati sviluppati si trovano in un trading range con volatilità in aumento, dopo il rialzo “nirvanico” del 2013. Al momento continua a mancare una precisa determinante ribassista del mercato nella sua totalità, sia a livello di sorprese negative sulla crescita che dell’insorgere di nuovi rischi sistemici. La crescita statunitense del primo trimestre sta venendo rivista al ribasso, a livello di consenso, a causa soprattutto di un precedente accumulo di scorte che saranno smaltite nel trimestre in corso. I dati europei continuano a confermare lo scenario di crescita moderata, mentre quelli cinesi appaiono in indebolimento.Le minute dell’ultimo meeting della Fed segnalano che non vi è stata alcuna conversione verso uno scenario di rialzi precoci dei tassi.

I movimenti ribassisti hanno interessato dei temi sinora piuttosto affollati (posizioni lunghe su azionario, basse capitalizzazioni, tecnologia, e posizioni corte di duration sull’obbligazionario). Il dollaro in questa congiuntura di mercato si è indebolito, l’opposto di quanto accade in occasione di scoppi di avversione al rischio. Gli spread di credito non si sono allargati in modo significativo, altra anomalia rispetto all’attuale fase di nervosismo. La riduzione dei rendimenti obbligazionari vista in questo periodo, inoltre, è destinata ad esercitare effetti positivi sull’immobiliare statunitense, attraverso minori tassi ipotecari, che in quel paese sono molto reattivi agli impulsi trasmessi dal mercato dei titoli di stato attraverso variazioni dei rendimenti. Allo stato, quindi, l’attuale fase di mercato non appare indicativa di una inversione di tendenza congiunturale.

Sul mercato dei titoli di stato, la settimana ha visto un nuovo rally nei paesi sviluppati, con riduzione del rendimento dei decennali tra i 5 ed i 10 punti base. Il movimento è stato innescato dalla pubblicazione delle minute del FOMC, che hanno minimizzato il rischio di avvio precoce di aumenti dei tassi di interesse che invece si evinceva dalle previsioni del comitato stesso. Questa circostanza conferma che la Fed in questo periodo rischia di (e tende a) produrre aumento di incertezza, con la propria strategia di comunicazione. In Eurozona si attende la revisione delle previsioni sull’inflazione a tutto il 2016, che saranno pubblicate a giugno. In quella circostanza potrebbero essere utilizzati gli ultimi margini convenzionali di manovra espansiva di politica monetaria, con l’azzeramento del tasso ufficiale di interesse.

Sui mercati azionari, anche questa settimana ha visto una sovraperformance dei mercati emergenti, sostenuta da afflussi di portafoglio. Si tratta verosimilmente di ricoperture parziali di ampie posizioni corte create negli ultimi mesi, anche perché non si rilevano significativi miglioramenti al quadro fondamentale dei paesi emergenti. Negli Stati Uniti è iniziata la reporting season del primo trimestre, che parte da un consenso nettamente inferiore ai risultati dello scorso trimestre, e ciò aumenta la probabilità di ampie sorprese positive, malgrado i pre-annunci (che ormai riguardano sempre meno società) siano sinora stati nettamente negativi. Tra i segnali contrarian, in settimana l’indice della American Association of Individual Investors (associazione no profit il cui scopo è quello di formare gli investitori riguardo la gestione di portafogli azionari, pianificazione finanziaria e risparmio previdenziale), ha toccato un minimo nella componente di sentiment rialzista, circostanza che di solito tende a precedere rialzi dei corsi azionari.

Sul mercato delle obbligazioni a spread, la settimana ha visto un ulteriore prevalente restringimento negli Stati Uniti, che contrasta con lo scoppio di avversione al rischio segnalato dall’andamento dei mercati azionari e dei titoli di stato.

In settimana, materie prime in rialzo medio dell’1,5% in dollari ed in tutti i settori, con l’eccezione dell’agricoltura, rimasta pressoché invariata.

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