(Post tecnico, ma solo il giusto. Per proseguire l’inane sforzo divulgativo e contribuire ad un dibattito pubblico sull’economia un po’ meno demenziale. Sono un illuso, lo so)
Oggi l’ufficio statistico federale tedesco ha pubblicato la disaggregazione del Pil del primo trimestre. E’ un dato importante perché consente di identificare quali componenti (consumi privati e pubblici, investimenti, scorte, commercio estero) hanno contribuito al dato complessivo. Tra poco capiremo il perché, non prima di aver precisato l’ovvio, e cioè che il dato di un singolo trimestre serve a ben poco. Ma tant’è, rispetto alla temperie culturale in cui siamo immersi in Italia, malgrado lodevoli tentativi di “laicizzare” la lettura dei dati economici.
E dunque, il Pil tedesco del primo trimestre è cresciuto, come noto, dello 0,3% sul trimestre precedente. Come quello italiano!, diranno i miei piccoli e grandi lettori. Si, ma calma: con la disaggregazione sapremo se questo dato è qualitativamente “accettabile” o meno. Per l’Italia bisognerà attendere la stima finale Istat, contenente le disaggregazioni, e che sarà pubblicata il prossimo 29 maggio. La disaggregazione tedesca (qui, sezione “Contributions to growth of price-adjusted GDP–gross domestic product in percentage points“) ci mostra che, nel trimestre, i consumi totali (pubblici e privati) sono cresciuti dello 0,5%, gli investimenti sono rimasti invariati ma solo perché le scorte sono diminuite in entità tale da compensare l’aumento di investimenti fissi in macchinari, impianti e costruzioni. Questo è un dato interessante per la presenza del calo delle scorte. Come regola del pollice, il calo delle scorte in un trimestre tende a spingere la produzione in quello successivo, e viceversa. Non è sempre così, ovviamente, ma è utile usare come bussola questa regola del pollice. Da ultimo, il commercio estero netto tedesco ha sottratto crescita nella misura dello 0,2% trimestrale. In altri termini, le importazioni hanno superato le esportazioni, nel corso del trimestre. La somma algebrica di tutte queste voci dà l’ormai noto +0,3%.
C’è un altro modo per disaggregare questo numeretto, e consiste nell’analizzarne la componente domestica, quelle che si chiamano vendite domestiche finali, e che si ottengono depurando la variazione complessiva da commercio estero (perché stiamo appunto valutando le vendite domestiche), e scorte (perché la parte di produzione che va a magazzino non viene venduta, per definizione). Nel caso del Pil tedesco del primo trimestre, le vendite finali domestiche, espresse in termini reali, sono aumentate dello 0,8% trimestrale, che è un numero che indica che, almeno nel primo trimestre, la domanda interna tedesca è stata piuttosto robusta. Il numero peraltro, eguaglia l’andamento del quarto trimestre 2014, e ci consente di concludere che le componenti del Pil tedesco sono complessivamente più positive del dato finale.
Ora attendiamo la disaggregazione Istat. Di cui già sappiamo che la “domanda interna” è stata positiva e quella estera negativa, nel senso che l’import ha ecceduto l’export, ma nulla sappiamo dell’andamento delle scorte. Un aumento delle quali, come noto, può essere volontario, per fare fronte ad un aumento della domanda (domestica o estera), oppure involontario, perché ad esempio la domanda si è improvvisamente indebolita e si vende meno. Dal dato finale Istat capiremo se la più robusta domanda interna italiana è risultata tale per effetto di maggiori consumi e/o investimenti fissi oppure accumulo di scorte. Solo in quel momento potremo dire qualcosa di più circa la qualità della nostra crescita del primo trimestre, apparentemente identica a quella tedesca. Il tutto, ribadiamolo ad nauseam, sapendo che il dato di un trimestre vuol dire poco, preso isolatamente.
Poi, è del tutto evidente che la politica si fa vendendo fumo. In alcuni luoghi più che in altri.