C’era una volta un provvedimento legislativo italiano che, nelle intenzioni del legislatore, doveva servire ad aumentare la concorrenza e di conseguenza il benessere dei consumatori. Questo accadeva prima che il nostro paese venisse travolto da un’ondata senza precedenti di neoliberismo, di quelli che Dickens avrebbe magistralmente narrato. Fu così che la “legge sulla concorrenza”, che doveva avere cadenza annuale ed essere l’erede delle “lenzuolate” di liberalizzazioni rese oggi orfane dal loro papà, Pierluigi Bersani, che se ne dice amaramente pentito, finì a stagnare in parlamento o diventare veicolo di emendamenti per preservare il Popolo dall’assalto neoliberista.
Sono trascorsi otto anni dalla norma che imponeva l’obbligo di una legge annuale per la concorrenza, e sette dalla prima “predica inutile” di Antitrust a governo e parlamento, durante i quali il neoliberismo ha ripetutamente sfregiato la Penisola. Ad esempio, la regolazione della durata delle concessioni dei servizi autostradali ed aeroportuali non è mai stata affrontata. Allo stesso modo in cui persiste la prassi degli “interlocking directorates“, i consigli di amministrazione incrociati, che sono un inno al volemose bene ed un potente antidoto al pernicioso virus della competizione. E nulla di fatto per la dismissione delle partecipazioni di maggioranza delle Autorità portuali nelle imprese portuali. Che è ‘sta fregola della separazione? Non vi rendete conto che anche il nome stesso, separazione, sprizza negatività da ogni sillaba? E Bolkestein è il remake di un film di Mel Brooks.
Ancora, Poste italiane resta fino a giugno col suo bravo monopolio della consegna di multe ed atti giudiziari ma si può sempre sperare che nel frattempo intervenga una provvidenziale proroga, per combattere il mercato che sta affamando il popolo italiano. E comunque, giù le mani dal Bancoposta, perché altrimenti la “privatizzazione” di Poste non riusciva. Tanto, come ha ribadito ieri il buon Padoan (ormai incontrastato signore dei “fatti alternativi” all’italiana), la quotazione ha migliorato l'”efficienza” dell’azienda guidata pro tempore da Francesco Caio. Verissimo, possiamo confermarlo. E non scordiamo Flixbus, ultimo successo di chi lotta indefessamente contro la concorrenza, che per definizione è sempre sleale. Con un simile attivismo antimercatista, chi ha bisogno di una legge sulla concorrenza? Il marketing seguirà, avrebbe detto Napoleone se fosse ancora tra noi.
I servizi pubblici locali restano intonsi, l’affidamento in house è vivo e lotta assieme a noi, le partecipate saranno sfoltite, prima o poi, allo stesso modo in cui prima o poi anche la tettonica a zolle riporterà l’India ad adagiarsi dolcemente sul Corno d’Africa. I titolari di farmacie hanno sin qui sventato l’assalto alla salute dei cittadini, impedendo la distribuzione di farmaci di fascia C nelle parafarmacie, pur in presenza di iscritti all’Ordine dei farmacisti. Basta con questa sovramedicalizzazione consumistica, portato del Malvagio Mercato!
L’edizione 2015 della legge sulla concorrenza è tuttora ferma al Senato, dove è stata congelata (assieme alla realtà) per gran parte del 2016, attendendo il giudizio divino del referendum costituzionale dello scorso 4 dicembre. Ora, almeno a sentire uno dei due relatori, ci sarebbe la “ferma determinazione” di governo e maggioranza di portarla ad approvazione entro marzo. Di tutte le cose accadute nel frattempo, una ha colpito i nostri eroi, su imprescindibile impulso del ministero dello Sviluppo economico: il tentativo di scalata di Vivendi a Mediaset. Di conseguenza, ecco che nel ddl concorrenza è stato infilato un bell’addendum definito “anti scorrerie” dello Straniero, che prevede l’obbligo, per chi acquista una partecipazione oltre la soglia del 10% in società quotate che operano in settori considerati dal governo di interesse strategico, di dichiarare gli obiettivi che intende perseguire nel corso dei sei mesi successivi, aggiornando tale informativa in caso di cambiamenti successivi. L’occhiuta e reattiva Consob elaborerà il regolamento attuativo. No pasaran, direbbero dalle parti di Gianni Zonin.
Come si nota, questa legge, che non vuol proprio saperne di nascere, bloccata com’è dagli amici degli amici, servirà almeno a proteggere il leggendario “interesse nazionale” nei settori “strategici”, tra i quali deve esserci Mediaset, in attesa che a Cologno gettino la spugna per manifesto nanismo settoriale globale, e si invochi l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti, per fare contenti tutti gli Orfini all’ascolto. Ma di quello parleremo più avanti, alla prossima “legge sulla concorrenza da combattere con ogni mezzo perché antipatriottica”. Il neoliberismo è servito, lo abbiamo legato e ficcato nel bagagliaio di un taxi. Ma mai distrarsi: c’è ancora moltissimo da fare, nel paese del socialismo surreale. Ad esempio, sostenere la domanda tenendo alti i costi di offerta. Per tutto il resto, ci sono il reddito di cittadinanza e la tassa sui robot.