Pangloss Fortis e la supercazzola profumo dell’ottimismo

Oggi sul Foglio il professor Marco Fortis, pluriennale cantore della vigorosa ripresa italiana che non vi fu, mi degna di una delle sue ormai celebri “analisi”, fatte di medie mobili (“scorrevoli”), dati grezzi, scorpori di voci di contabilità nazionale, code di rospo e di sale un pizzichin. Il prestigioso accademico non ha gradito la mia analisi della crescita del Pil italiano del primo trimestre, nello specifico.

Il titolo dell'”analisi” di Fortis è programmatico: “Cari professionisti del pessimismo, conta di più il Pil reale o nominale?“. Invero piuttosto psichedelico. Salteremmo a piè pari la parte iniziale, relativa al miracoloso Jobs Act che produce centinaia di migliaia di posti di lavoro, perché è palese che Fortis non ha molta dimestichezza con la demografia, e quindi omette di spiegare il vero “miracolo” della legge Fornero nel trattenimento al lavoro degli over 50. Basterebbe guardare l’evoluzione del tasso di occupazione, corretto per la demografia, per accorgersi di questa cosa. Fortis non ritiene di doverlo fare, problema suo.

La parte che mi riguarda direttamente è invece la successiva:

«Mario Seminerio sul suo blog, che ha come motto distintivo un eloquente “andrà molto peggio prima di andare meglio”, ha commentato pochi giorni fa i dati Istat sul pil italiano nel primo trimestre 2017 con grande scetticismo e con un po’ di saccente sarcasmo. Altro che più 1,2 per cento tendenziale in termini reali -sostengono i pessimisti professionisti. Piano, prima di stappare lo champagne! In termini nominali, infatti, il pil è cresciuto soltanto dello 0,7 per cento (a causa di un deflatore negativo). E con un pil nominale che aumenta cosi poco sarà difficilissimo – secondo i pessimisti -abbattere il rapporto debito/pil. Quando abbiamo letto questo blog non ci credevamo. Ma come? In tutto il mondo la crescita del pil si misura in termini reali e i pessimisti professionisti ora ci dicono che questo metodo a loro non va più bene? Eppure quando fino a poco tempo fa sembrava che il pil reale dell’Italia crescesse poco questo metodo gli andava benissimo. Infatti, gli serviva per poter sostenere che la ripresa del nostro paese era lenta»

Personalmente, sostengo da sempre che la ripresa del paese “è lenta”, non mi serve usare il Pil nominale o quello reale. Ma transeat. Circa il fatto che, nel mondo reale, l’evoluzione del rapporto debito-Pil sia frutto del confronto tra crescita del Pil nominale e costo medio del debito pubblico, pare non esservi disputa metodologica. Sarebbe come disputare le tabelline. E quindi, come argomenta Fortis?

«Se esprimiamo in termini nominali la crescita del pil italiano dal secondo trimestre 2014 al primo trimestre 2017, essa è stata del 3,7 per cento con un aumento dei consumi delle famiglie del 5,2 per cento e degli investimenti in macchinari e mezzi di trasporto del 10,2 per cento. Peccato che i consumi finali dello Stato siano aumentati nello stesso periodo solo dell’1,5 per cento (e non dell’8,5 per cento come in Germania) e che la crisi delle costruzioni sia continuata (-0,2 per cento), altrimenti anche l’Italia avrebbe fatto un figurone nelle classifiche europee della crescita!»

Dunque, vediamo. In undici trimestri, crescita nominale cumulata di 3,7%. Media aritmetica con scappellamento a destra: +0,34%/trimestre. Se solo il costo medio del nostro debito fosse inferiore a questo numero, caro Fortis. Però, tranquilli: se avessimo fatto più spesa pubblica ora saremmo alle stelle, disse il keynesiano consulente di tutti i governi. Un interessante approccio-carciofo: sfoglia che ti risfoglia, somma che ti risomma, se avessi cinque palle sarei un biliardo. Un vero peccato avere accumulato tutta questa spesa pubblica nel corso dei lustri, allora: ma in qualche almanacco deve certamente esserci traccia dei tassi da tigre asiatica che inanellavamo a quei tempi. “Peccato che la crisi delle costruzioni sia continuata” è dadaismo allo stato puro. Peccato che anche gli investimenti abbiano latitato, eccetera eccetera. Se non fosse per il Pil, avremmo un Pil della madonna.

Altra frase da cui si evince l’indiscutibile spessore intellettuale e professionale di Fortis è questa:

«Ci permettiamo perciò di consigliare ai teorici dell'”andrà molto peggio prima di andare meglio” di tenersi stretto il pil in termini reali, altrimenti dovranno finire con l’ammettere che nel medio termine (e non in un singolo trimestre) le politiche economiche di Renzi, Padoan e Gentiloni hanno avuto una certa efficacia»

Questo è un memorabile “momento slurp”, quindi per definizione è un truismo. Se Fortis buttasse l’analitico occhietto fuori da Palazzo Chigi, osserverebbe che “le politiche economiche di Renzi, Padoan e Gentiloni” hanno avuto un’efficacia travolgente persino su Spagna e Portogallo, in effetti, persino con magnitudine nettamente superiore alla nostra. E su tutta l’Eurozona, alla massima crescita dal 2009. Perbacco che ganzi che sono, ‘sti Renzi, Padoan e Gentiloni. Ancora:

«Quanto all’affermazione che una crescita tendenziale dello 0,7 per cento del pil nominale destagionalizzato e corretto per il calendario è insufficiente per ridurre il debito/pil, si tratta semplicemente di una cantonata dal punto di vista metodologico. Infatti, il debito/pil di fine anno si calcola utilizzando al denominatore i dati grezzi (anziché destagionalizzati e corretti) del pil annuale e non prendendo come riferimento la crescita tendenziale di un singolo trimestre»

Ecco, i dati grezzi. È corretto misurare con quelli le metriche debito-Pil. Proseguiamo:

«Anche il debito/pil trimestrale infra-annuale è costruito, secondo le metodologie ufficiali dell’Eurostat, dividendo il debito pubblico alla fine di ogni trimestre per il pil grezzo scorrevole degli ultimi quattro trimestri. In base a questo metodo, la crescita tendenziale del pil italiano scorrevole degli ultimi quattro trimestri terminanti il primo trimestre 2017 rispetto al corrispondente pil precedente è stata dell’1,4 per cento (non dunque dello 0,7 per cento ma addirittura del doppio) e il rapporto debito/pil dell’Italia nel primo trimestre 2017 è diminuito di un decimale rispetto al debito/pil del primo trimestre 2016. Con buona pace di chi fa dell'”andrà molto peggio prima di andare meglio” la propria religione e soprattutto la propria professione»

Questa è l’apoteosi della sbiriguda come se fosse antani, in effetti. Seguiteci: partiamo dai dati grezzi, come vuole Fortis e come effettivamente si calcolano le metriche di indebitamento. Un trionfo, ‘sta crescita nominale del Pil, nevvero? Ora, leggete il comunicato Istat sui conti del primo trimestre, in particolare sui dati grezzi:

«Il primo trimestre del 2017 ha avuto due giornate lavorative in più sia rispetto al trimestre precedente, sia rispetto al primo trimestre del 2016»

Oh-oh, mi è semblato di vedele un boom. Lo hanno prodotto la sciocchezzuola di due giorni lavorativi in più. Questo spiega il nominale di +1,4% che tanto orgoglioso rende Fortis. Quindi, facciamo così: ogni anno, aggiungiamo un paio di giorni lavorativi al calendario, poi guardiamo i dati grezzi e…ooooohhh! Direi che, con anni solari di circa 390 giorni, potremmo avere una crescita che rende superfluo impiccarsi con gli avanzi primari. Quindi, grazie a questi due giorni lavorativi in più, pensate (rullo di tamburi),

«[…] il rapporto debito/pil dell’Italia nel primo trimestre 2017 è diminuito di un decimale rispetto al debito/pil del primo trimestre 2016»

Eureka! Un calo di 0,1% (zerovirgolaunopercento) del debito-Pil con due giorni lavorativi in più!! Ecco il dato che l’altro giorno Fortis “anticipava” al Foglio, in un altro dei suoi editoriali. L’ufficialità l’avremo solo il 20 luglio, ma lui è già in grado di anticiparlo, gaudeamus igitur! E questo crollo del debito-Pil avviene al punto di massimo congiunturale, sia chiaro. Caro professor Fortis, anche prescindendo dalla richiesta assai demodé di aver più rispetto per l’intelligenza dell’interlocutore, col suo data mining lei potrà forse mandare in visibilio qualche politico, ma non quella cocciuta stronza della realtà. Ha presente nelle elezioni, quando vincono tutti, anche quelli che perdono? Ecco, preciso.

Del resto, lei è da anni, almeno dai tempi di Giulio Tremonti a via XX Settembre, che ci infonde speranza ed ottimismo con le sue ingegnose disaggregazioni sull’Italia che ne uscirà meglio degli altri. Passando per la sua celeberrima concezione patrimonialista della finanza pubblica, quella che garantisce i creditori esteri che con una bella patrimoniale il problema si risolve. Chiosa finale, sui “professionisti del pessimismo”. Nell’accezione comune, “professionista” è chi trae frutto dalle proprie competenze. Sfortunatamente per i miei redditi, io non traggo frutto alcuno dalle mie analisi macro. Non altrettanto possiamo dire dei “professionisti dell’ottimismo” e della supercazzola, che solcano i lustri in ruoli di consulente del governo pro tempore, quando non divengono anche consiglieri di amministrazione dell’emittente radiotelevisiva pubblica. Le parole sono importanti, professor Fortis. In ogni sede. Ma io le sono sinceramente grato per tutti gli spunti che da anni lei mi fornisce.

Lettura complementare consigliata, per i professionisti (quelli veri) dell’analisi dei dati macro: questa.

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