Scalciare una lattina piena di vermi, the Italian Job

Se state cercando riscontri al grande evento di ieri alla Camera, in cui, sotto l’egida del M5S, si è discusso sul tema “The Italian public debt in the Eurozone“, buffet incluso, resterete delusi. A parte un’intervistina veloce di Repubblica al confuso Wolfgang Münchau (che nei giorni dispari appronta l’exit ed in quelli pari ammonisce a non fare sciocchezze), c’è poco altro, incluso il gossip sul prezzemolino Marcello Minenna, vero erede nostrano di Yanis Varoufakis, che siede in confabulatio accanto alla Guida Spirituale Beppe Grillo, suscitando gridolini di eccitazione degli esegeti grillologi, ultima categoria del florido retroscenismo giornalistico italiano.

Più interessante il fatto che i grillini abbiano probabilmente preso coscienza che un referendum sull’euro sarebbe la madre di tutte le idiozie, scaturita dalla fervida mente di un movimento che da sempre si caratterizza per programmi lisergici al naturale. In effetti, il prestigioso leader Luigi Di Maio ieri aveva già tentato di aggirare le domande dirette sul tema:

«Oggi la discussione non è “Euro sì, Euro no”, chi è o non è europeista. Per parlare di misure alternative per far volare il nostro Paese, la condizione non può che essere un governo dell’Italia che nelle sedi comunitarie e internazionali si faccia rispettare»

Ben detto, perdio. Anche perché per fare il referendum serve tempo, signora mia:

«Per indire il referendum sull’uscita dall’Euro ci vorrà un anno e mezzo durante il quale noi faremo gli interessi dell’Italia chiedendo all’Europa di cambiare, dal fiscal compact al tetto del 3%. Se tutto ciò non cambierà non saremo noi a mettere in discussione il referendum ma sarà l’Ue che si autodistruggerà»

Perfetto, no? Di Maio-Otelma prevede che la Ue si autodistruggerà anche senza bisogno di referendum grillino, se solo oserà opporsi alle richieste degli ortotteri. Quindi, a posto, non c’è bisogno di alcun referendum, risparmiamo i soldi della consultazione. Per ingannare il tempo ci si inventerà altro. Forse sarebbe utile che Di Maio ed i suoi correligionari prendessero consapevolezza di alcuni punti. Ad esempio che attorno all’Italia, negli ultimi anni, è stato steso un cordone sanitario per ridurne il grado di contagiosità. Il fatto stesso che il debito pubblico sia ormai per i tre quarti in mano a residenti, a differenza di quanto accade nel resto dell’Eurozona, indica inequivocabilmente questo percorso.

Se le cose dovessero precipitare, ma precipitare davvero, l’Italia arriverebbe a ristrutturare il proprio debito senza particolari “autodistruzioni” dell’Eurozona, a cui dovremmo pure chiedere un maxi prestito per ricostruire il nostro sistema bancario, travolto dai Btp. La realtà è che in Europa ormai non frega quasi più a nessuno degli spasmi di uno stato pre-fallito, con una classe politica che definire sudamericana o levantina è un’offesa alle popolazioni di quelle aree. Ma non dovete neppure pensare che, se il referendum è inattuabile, l’obiettivo verrà raggiunto con un blitzkrieg, uscendo dall’euro durante un weekend piovoso. Dovreste essere ormai adulti, anche se siete italiani, per non bervi queste scemenze. Al massimo, potete ripiegare con le suggestioni di qualche guru che anni addietro sottoscriveva improbabili suppliche in cui mendicava la “kindness of (German) strangers” sull'”uscita coordinata” (sic), ed oggi inganna il tempo lanciando anatemi e cercando disperatamente di fare il suggeritore di buca di qualche comunistello fallito. Sad!, come direbbe Trump.

La realtà come acerrima nemica, i nostri televenditori si attrezzano per allestire la loro paccottiglia sui banchetti elettorali. Si tratti della “doppia moneta” di Silvio Berlusconi, rilanciata nel “convegno” grillino, e che è realizzabile quanto il referendum sull’euro (cioè non lo è, per i più svegli tra voi), alle comparsate di Pierluigi Bersani e compagni, dove vengono i lucciconi agli occhi alla frase “chi ha di più, paghi di più”. E vai con lambrusco e porchetta.

E lo stesso Messia Giuliano Pisapia, a ripetere il mantra di una politica di broker gabellieri, che si spinge a proporre di pagare il bonus ai manager aziendali “ma solo se ai lavoratori è stato aumentato lo stipendio” (lo ha detto veramente, sabato scorso), dimostrando di aver problemi con la peperonata, oltre che col diritto privato dell’economia. Ma non temete: nessuno sloggerà la Casaleggio Associati dalla comunicazione virale: presto dal M5S arriverà la patrimoniale sull’1% dei più ricchi, ha già il nome: “Top 1”, la voteranno sul blog antichi compagni e nuovi cercatori di sussidi pubblici. Roba da far venire il fegato gonfio come un popone ai Fratoianni di turno. Su tutto e su tutti, il Padre di tutti i campeggiatori, rinato a nuova vita, Romano Prodi, che nei giorni scorsi ha lodato la comunicazione di Jeremy Corbyn. Che è effettivamente suggestiva ma ha l’innegabile vantaggio di non essersi ancora dovuta misurare con la realtà della stanza dei bottoni.

Nulla più stupisce, in effetti: il paese è alla deriva, i clown impazzano, la gente si distrae con i saltimbanchi da elezioni permanenti. “Ma fateci votare!”, però. E vedrete come cambieranno le cose. Oggi la politica italiana è come un gigantesco mercatino delle pulci a cielo aperto, dove borseggiatori e treccartari mettono in mostra la loro merce taroccata. Scalciare una lattina, piena di vermi. The Italian Job.

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