Salvare Trump dalla realtà

Nuova, ennesima cocente sconfitta per il povero presidente degli Stati Uniti. O meglio, per il suo partito, che resta spaccato e non riesce a far avanzare la rottamazione e contestuale sostituzione dell’Obamacare, la riforma sanitaria attuata dal predecessore di Donald Trump, e che ha dato copertura assicurativa a più di 20 milioni di persone. Ma c’è anche altro, nella quotidiana dose di ceffoni che la realtà assesta al palazzinaro capitato alla Casa Bianca per uno scherzo di pessimo gusto della Storia.

Sulla riforma sanitaria i Repubblicani sono profondamente divisi tra massimalisti, che vorrebbero rimuovere tutto e rifugiarsi nelle improbabili polizze assicurative, realizzando un ampio avanzo fiscale da destinare a riduzioni d’imposta nell’altra riforma che non riesce a vedere la luce, ed i moderati che temono gli effetti sociali destabilizzanti prodotti dal precipitare oltre venti milioni di persone nella perdita di copertura assicurativa.

Nel mezzo c’è Trump, che ha suggerito di procedere con la fuoriuscita dall’Obamacare ma con un periodo di transizione di due anni, per comprare tempo. Questo è il gemello del Trump che settimane addietro, al primo fallimento congressuale per cambiare la sanità, diceva che l’Obamacare sarebbe morto da solo, di morte naturale e di inedia, a causa del fallimento del disegno di costruzione delle borse regionali dove si acquistano le polizze e delle deboli sanzioni per chi decidesse di non assicurarsi.

Il punto è che l’Obamacare necessitava di una revisione e ristrutturazione ma lungo le linee guida esistenti, le uniche che possono funzionare, creando un pool di soggetti che include i “sani” ed i “malati”. Tutto il resto, incluse le favole sul cosiddetto patient empowerment, in cui il cittadino va al supermercato assicurativo e si compra la polizza “che preferisce”, sono delle assolute fregnacce, buone per incantare i gonzi.

Annunciare ora la transizione in uscita dall’Obamacare significa accelerare la morte del sistema di coperture, ed arrivare in perfetto orario all’appuntamento con le elezioni di midterm con oltre venti milioni di persone che nel frattempo avranno perso la copertura assicurativa, e che la faranno pagare carissima ai Repubblicani. Dopo il midterm, i democratici potrebbero avere la pistola puntata contro Trump per il suo impeachment, ammesso che il personaggio e la sua pittoresca famiglia di faccendieri riescano a non farsi mettere in stato d’accusa per un altro anno e mezzo. Ma ai Democratici conviene attendere.

Per tentare di farne una giusta e poter twittare gioiosamente i suoi quotidiani successi, Trump ha deciso di concentrarsi sulla revisione del Nafta, l’accordo di libero scambio con Messico e Canada, nel tentativo di ridurre il deficit commerciale bilaterale degli Usa con questi due paesi. La Casa Bianca ha inviato al Congresso alcuni punti negoziali terribilmente vaghi, a conferma del fatto che gli stessi Repubblicani sono anche qui divisi, dovendo prestare attenzione all’esigenza delle imprese statunitensi.

In pratica ed in sostanza, i Repubblicani stanno ripercorrendo la strada del famoso Border Tax Adjustment, sostenuto da Paul Ryan ed alla fine abbandonato da Trump, che era una sorta di finta Iva con sussidi a beneficio degli esportatori. Anche in questo caso, sono state determinanti le grida di dolore degli importatori statunitensi. Ma accantona oggi, accantona domani, alla fine non resta nulla da stringere in pugno. Tra le linee guida della rinegoziazione del Nafta, Trump ha posto l’accesso delle imprese Usa al procurement della pubblica amministrazione canadese e messicana, mentre al contempo sostiene la clausola del Buy American, per gli acquisti dei governi statali statunitensi. Praticamente, un bambino alle prese con le frustrazioni della scoperta del mondo. Notevole anche il tentativo di creare standard minimi ambientali e del lavoro. In pratica, un copiaincolla dalle misure previste nella Trans Pacific Partnership di Obama, che Trump ha stracciato. Bravo Donnie occhio di falco.

Ciliegina sulla torta, l’esecutivo ha ottenuto dal Congresso l’autorizzazione ad aumentare il tetto annuo di visti di immigrazione H-2B, per lavoratori stagionali non agricoli. Le aziende dovranno certificare di essere a rischio di “danno irreparabile” in caso non riuscissero ad assumere più stagionali immigrati. Tra le aziende interessate dal provvedimento ci sono anche quelle del gruppo Trump. Di fronte all’accusa di fare il contrario di quanto promesso in campagna elettorale, e di danneggiare con questo provvedimento i lavoratori statunitensi a bassa qualificazione, l’amministrazione fa sapere che questa misura servirà in realtà a proteggere il lavoro americano, impedendo che le aziende chiudano a causa di carenza di manodopera non qualificata.

La politica è l’arte dell’ipocrisia, notoriamente. Nel caso di Trump e dei suoi cugini britannici della Brexit è la patologia di non guardare in faccia la realtà. Con tutti i danni che ne conseguono. Noi italiani ci sentiamo meno soli, finalmente.

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