Ci sono modi differenti di vivere il percorso che porterà alle elezioni politiche. In Italia, dove le campagne elettorali durano cinque anni, ci stiamo baloccando con doppie monete e MiniBot; in Germania, tra gli altri temi, c’è il ministro delle Finanze che sta riflettendo, come del resto fa da molti anni, anche fuori dalla campagna elettorale, sul futuro del Meccanismo Europeo di stabilità (ESM), quello che è stato ribattezzato un po’ frettolosamente come “salvastati”. Ognuno ha le proprie priorità, del resto.
Nei giorni scorsi la Bild ha lanciato l’allarme, nel suo stile scandalistico: Schaeuble vuole trasformare il fondo salvastati nell’embrione dell’unione di trasferimenti che turba i sonni dei contribuenti tedeschi! Non è vero, ha ribattuto il ministro per bocca di una portavoce, perché “non sono previsti eurobond né pentole miliardarie” (questa dovrebbe essere riferita agli italiani ed alle loro meravigliose idee). E quindi, che accadrà? Schaeuble ha solo ribadito quanto dice da molto tempo, e cioè che servirebbe un ESM in grado di diventare la versione europea del Fondo Monetario Internazionale. Una sorta di European Monetary Fund, in grado di prestare ai paesi alle prese con perdita di accesso al mercato dei capitali e crisi di bilancia dei pagamenti. Nulla di nuovo sotto il sole.
L’eventuale novità sarebbe quella di usare un ESM potenziato per sostituirlo alla Commissione europea, di cui i tedeschi non si fidano più, avendo dato prova di crescente indipendenza in questi anni. Il “nuovo” ESM agirebbe come l’attuale, cioè sotto condizionalità. In pratica, diverrebbe la nuova Troika, che nel frattempo ha smesso di esistere perché la Bce in quel ruolo è del tutto fuori mandato e il FMI fa altro nella vita e prima o poi cambierà pelle in modo definitivo, ad esempio quando diverrà chiaro che l’asse del potere economico si è spostato dall’area euro-americana a quella asiatica.
Ora, poiché la Bild è giornale popolare, l’occasione è stata ghiotta per “suggerire” ai lettori che il nuovo Salvastati servirebbe per “aiutare i paesi del Sud Europa”, magari con investimenti. Le cose ovviamente non stanno in questi termini ma tanto è bastato per scatenare i nostri editorialisti da ombrellone, che da un paio di giorni latrano a pieni polmoni contro la “dominazione tedesca” che “vuole mettere in trappola l’Italia”. Proprio un diabolico piano teutonico, è vero: infatti prestare soldi ad un paese in cambio di misure correttive è un chiaro atto di colonialismo. Per fortuna stanno arrivando i MiniBot e tutto questo finirà, caro Lei.
Volendo tuttavia andare oltre il patetico folklore italiano, e scandagliando i contributi di nostri studiosi sul tema, questa settimana trovate su L’Economia, il dorso settimanale del Corriere del lunedì, quello di Marcello Minenna, onnipresente economista responsabile dell’ufficio ricerche quantitative di Consob, già assessore-lampo al Bilancio a Roma e tuttora pazientemente impegnato a sussurrare ai grillini, nell’inane tentativo di divenirne il precettore.
Minenna parte dal presupposto che, quando non ci sarà più il QE della Bce, il nostro paese tornerà a rischio-spread. Il suo pezzo su L’Economia si apre così:
«II deferimento da parte della Corte Costituzionale tedesca del Quantitative Easing alla Corte di Giustizia Europea con l’incriminazione di «aiuto di Stato» ha fatto schizzare lo spread sopra i 200 punti base dandoci un primo assaggio di cosa ci aspetta con la fine del QE»
Frase piuttosto bizzarra perché il non-evento citato non ha causato alcun sommovimento dello spread, che mai ha toccato il livello di 200. Forse al Corriere chi passa i pezzi dovrebbe porsi e porre qualche domanda ma transeat. Quale è la revisione di ESM che ha in mente Minenna, piuttosto? Una forma assicurativa, in cui paesi più rischiosi contribuirebbero maggiormente al fondo. Quali sarebbero gli indicatori di rischiosità? Il rapporto debito-Pil? Il livello dei credit default swap? In attesa di capirlo, Minenna rimarca che il suo meccanismo sarebbe avverso all’azzardo morale, mentre
«Germania e Francia risparmierebbero rispetto agli impegni attualmente in essere col Meccanismo, perché meno rischiose. Dai primi calcoli risulta che in 6/8 anni tutto il debito pubblico dell’eurozona potrebbe essere condiviso e protetto dal Mes. Un primo embrione di eurobond, capace di archiviare definitivamente lo spread e restituirci una curva dei rendimenti governativi unica nell’area euro»
Ipotizziamo che l’ESM venga riformato nel senso suggerito da Minenna. Che accadrebbe in caso di dissesto di un paese, magari del nostro? Che servirebbero i suoi prestiti, e che i medesimi non sarebbero erogati senza condizionalità. Anche se avessimo un fondo del genere, servirebbe comunque la convergenza tra paesi, la quale implica precise azioni di politica economica. A meno che Minenna non pensi che questa “mutualizzazione ponderata per il rischio” (perché quella è la sua proposta) faccia scomparire per incanto il problema della insufficiente crescita italiana. E che accadrebbe al nostro debito pubblico, in presenza del nuovo ESM? Che dovrebbe comunque ancora essere servito, pagando cedole e rimborsi.
In nessun caso si può aggirare il tema della sostenibilità del debito, men che mai con la soluzione suggerita da Minenna. Perché se il nostro debito smettesse di essere sostenibile e servisse l’intervento del nuovo ESM, la necessità di ristrutturarlo (cioè di applicargli un bel taglio) resterebbe sul tavolo. A quel punto, visto che le nostre banche sono e restano cocciutamente cariche di Btp malgrado lievi recenti riduzioni dello stock, la funzione del salvastati sarebbe quella di sostenerle con iniezioni di capitale, ed evitarne il crollo. Ma se riflettete bene, questo è esattamente ciò che accadrebbe oggi, con questo ESM, se l’Italia andasse in default. Taglio al valore attuale del debito e soldi Ue per tenere in piedi le nostre banche dopo l’haircut.
Quanto all’approccio “assicurativo” suggerito da Minenna, ci permettiamo di rammentare che esistono rischi non assicurabili, e lo stock del nostro debito appare tra quelli, ove lo si volesse preservare intatto. Nelle assicurazioni esiste una cosa chiamata franchigia, ed il suo nome qui cambierebbe in haircut. E quindi torniamo alla casella di partenza, dopo tanta ingegneria finanziaria per disperati.
Ecco perché l’idea di Minenna non va da nessuna parte. Ecco perché l’Eurozona sta evolvendo da tempo in una direzione molto precisa: la segregazione del rischio. Detto in altri termini: poiché è difficile “coartare” un paese ad assumere alcune scelte di policy, lasciamo sostanzialmente perdere. Se e quando verrà il momento, quel paese farà una ristrutturazione del suo debito pubblico, e le sue banche verranno aiutate da un fondo comunitario. Questo scenario ricorda un post che scrissi molti anni addietro, dal titolo profetico. Ma noi andremo sul Piave per difendere i titoli di stato in pancia alle nostre banche, sia chiaro. Con un impegno concreto: più MiniBot per tutti.