Lunedì scorso il servizio statistico britannico (ONS) ha comunicato le revisioni ai dati del commercio estero britannico. Che non sarebbe materia tale da eccitare le folle, soprattutto fuori dal Regno Unito. Ma queste revisioni contengono un paio di dati molto interessanti, in chiave Brexit, cioè del disperato tentativo di Londra di evitare di finire sugli scogli tra meno di due anni, per dare seguito alla truffa del referendum che ha messo il leggendario popolo sovrano in condizione di infliggersi un danno che resterà nella storia.
Le revisioni in oggetto indicano una forte sottostima del contributo degli studenti stranieri, in termini di rette pagate a università e college, per ben 2,1 miliardi di sterline. Perché questo dato è nel commercio estero? Perché la prestazione a non residenti di servizi di istruzione e formazione è equivalente ad una esportazione (come per il turismo di non residenti). Ma c’è un altro dato che colpisce: una verifica degli “exit check”, cioè il monitoraggio dei transiti in uscita dal Regno Unito, mostra che gli studenti stranieri non si “imboscano” nel paese al termine dei loro studi, rubando pane e welfare ai britannici, ma effettivamente se ne vanno.
Per il 2016, da una stima di 100.000 “clandestini post-studi”, che tuttavia l’ONS dice di non aver mai effettuato, si è giunti al dato di 4.600 (quattromilaseicento), solo il 3% del totale. Cade così in modo fragoroso, o più propriamente affoga nel ridicolo, uno degli innumerevoli argomenti dei Brexiter ossessionati dall’immigrazione. E di ciò si potrebbe essere lieti, se non fosse che il treno della Brexit ha ormai lasciato la stazione. Ma quello è problema dei sudditi di sua maestà (e purtroppo anche dei nostri expat). Dove invece i fatti lasciano il posto alla farsa è nella posizione dell’ineffabile Theresa May, che malgrado le nuove evidenze numeriche ha deciso (almeno per oggi, domani si vedrà) che gli studenti stranieri resteranno inclusi nel target numerico di immigrazione netta annua, che è dell’ordine di “decine di migliaia”. May ha già inasprito il regime dei visti per studenti stranieri, col risultato di causare un primo calo, soprattutto dall’India.
Ma torniamo per un attimo ai conti con l’estero britannici. La revisione dell’ONS ha portato alla luce un elemento preoccupante, per il saldo delle partite correnti britanniche: il conto del reddito, cioè il saldo tra investimenti all’estero effettuati da residenti e quelli nel paese da parte di non residenti, è più negativo delle stime iniziali. Per il 2015, si passa da un deficit di 1,4% a 2,3%. In altri termini, gli investimenti all’estero dei britannici sono stati meno remunerativi del previsto e/o quelli nel Regno Unito da parte di non residenti in Regno Unito lo sono stati più delle stime. Bene, e quindi?, direte voi. Quindi il saldo delle partite correnti britanniche è più in rosso del previsto; quindi, come detto dal governatore della Bank of England, Mark Carney, per finanziare il proprio tenore di vita, i britannici dipendono maggiormente dalla “gentilezza degli stranieri”.
Se verrà meno quest’ultima, il cambio della sterlina farà il lavoro sporco, deprezzandosi, e gli standard di vita caleranno. Ma per alcuni scienziati italiani con cattedra sui social network ciò sarà un bene, perché il Regno Unito potrà esportare di più. Peccato che il Regno Unito esporti oggi servizi, soprattutto finanziari, che spariranno nel nulla se il paese, come è sempre più probabile, perderà il passporting Ue per le proprie banche. Quanto alla manifattura, i britannici farebbero bene a pregare di mantenere accesso all’unione doganale europea nei termini attuali. Quanto ai prodotti agricoli, servirà altra preghierina per non cadere nel regime “ordinario” della WTO, dove i dazi sono spesso a doppia cifra. Ce n’è di che recuperare la fede, come si nota.
Malgrado ciò, May si sta mettendo d’impegno per stroncare una voce attiva delle partite correnti britanniche, quella dell’ingresso di studenti stranieri, mentre la ministra dell’Interno, Amber Rudd, si è premurata di far sapere che quegli studenti sono importanti per il settore dell’educazione britannica, che è “un’esportazione chiave per il nostro paese”. Come si nota, ce n’è in abbondanza per rivalutare la cialtroneria dei politici italiani.