Venerdì scorso il consiglio dei ministri ha approvato il decreto fiscale, che contiene 21 articoli in cui c’è di tutto, tra rottamazione delle cartelle esattoriali, norma e sanzioni del Golden Power per evitare le famose “scorrerie” dello Straniero sul patrio suolo, e quant’altro. Intanto arrivano le prime indiscrezioni sulla legge di Bilancio, la suprema ordalia della democrazia. Due “dettagli” balzano all’occhio, e non è un bel vedere.
Ad esempio, dalla relazione tecnica si scopre che dalla rottamazione delle cartelle relative ai ruoli di pertinenza erariale, Inps ed Inail, proverrà un extragettito per circa 700 milioni, che si somma a circa 400 milioni di incassi oltre le attese per la rottamazione delle liti fiscali. Ottimo, e quindi?, direte voi. Ottimo davvero, perché questo incasso superiore al previsto giunge a fagiuolo per coprire il buco causato dai minori incassi della cosiddetta voluntary bis, che assommano a 1.070 milioni. Pari e patta, quindi, e vissero tutti felici e contenti. Il buco di un provvedimento di incasso una tantum viene sostituito dall’extragettito di altro provvedimento una tantum. La pratica rende perfetti ma non chiamatelo condono, mi raccomando, perché non è uno sconto sul dovuto ma solo sulle sanzioni. Facciamo progressi sulla strada dell’equità.
Poi, secondo quanto riferisce l’Ansa, nella legge di Bilancio ci sarà un “bonus verde” (sic), con immancabili detrazioni fiscali del 36% per la cura del verde privato: terrazzi e giardini, anche condominiali. Ma non è meraviglioso, tutto ciò? Arriva l’ennesimo bonus, sotto forma di tax expenditure, cioè di perdita di gettito, questa volta sul verde privato. Destinatari i florovivaisti, a cui bisogna puntellare il reddito, come ad un numero crescente di categorie, perché soffrono la concorrenza estera.
Ormai in questo paese passiamo il tempo a produrre spese fiscali che erodono il gettito ma, secondo i loro ideatori, comprano voti, fornendo l’illusione che “le tasse scendono”. Un paese incapace di ridurre in via strutturale e permanente le imposte, inventa i crediti d’imposta ed i bonus. Vi diranno, tra le altre cose, che queste misure servono all’emersione del nero, altra fiaba italiana, quella del contrasto d’interessi. Pensate solo una cosa: se bastasse avere crediti d’imposta per indurre emersione del nero, in questo paese non avremmo più sommerso. Vi risulta?
Il Nobel per la behavioural econonomics andava dato al governo ed al legislatore italiano, non a Richard Thaler. O forse questa si chiama gonzonomics. Poi, tra qualche tempo, leggerete della necessità di “sfoltire le agevolazioni fiscali che costano ogni anno miliardi di gettito, signora mia”, vi diranno della commissione Ceriani o di chi per esso, il piccolo o grande ras di turno dirà niet perché “sarebbe un aumento di tasse”, e qualche altro rappresentante del popolo proporrà una nuova caramella fiscale con cui fare logrolling, che sarebbe “io ti gratto la schiena, tu gratta la mia”, in sede parlamentare. L’unica certezza è che è colpa della Germania, che non investe abbastanza.
Non solo: con questa migliorata congiuntura, e col gettito aggiuntivo che da essa si produrrà, aumenteranno le spinte a generare tax expenditures, che resteranno fissate alla legislazione fiscale sino al prossimo rallentamento, quando ci si renderà conto che c’è un problema ma non si potranno rimuovere “perché, ehi, siamo in recessione!” Come dico da tempo, questo paese rischia la maledizione suprema dei beoti: una congiuntura talmente positiva da produrre davvero un calo del rapporto debito-Pil. A quel punto, tutte le termiti equo-solidali del paese, sinistra, destra, sindacati, Confindustria, ABI, filarmonica del dopolavoro ferroviario, spingeranno come dei folli per avere la leggendaria “redistribuzione” del “tesoretto”, perché “bisogna combattere il populismo”, e il calo di debito verrà destinato a spesa, e pure corrente. Sono pessimista? Forse. Ma conosco bene le pulsioni autodistruttive di questo paese di dissipatori, e le sue liturgie.