Questa mattina, presentando l’ultima sua fatica saggistica (The Challenge of the digital economy, scritto a quattro mani con Robert Leonardi), il presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia (Pd), ha colto l’occasione per illustrare alcune idee di contrasto al rischio di un monopolio privato, e per ripristinare un antico monopolio pubblico, in nome della lotta senza quartiere contro il neoliberismo. Perché questi sono i tempi che corrono, e lo spirito dei nostri politici di ispirazione sovietica ha trovato nuova linfa vitale, approssimandosi le elezioni.
Boccia ha lamentato che “Poste italiane forse un po’ troppo velocemente ha lasciato un vecchio business”, quello della consegna di pacchi, che in realtà è stato solo ridimensionato. In sostanza, ha sintetizzato, “Amazon non può avere il monopolio” di questo business. Parliamo quindi di logistica, e Boccia ci illumina:
«Credo sia arrivato il momento che il Parlamento italiano dica una parola definitiva sulla necessità di cambiare il servizio postale universale, siamo inondati da decine di milioni di pacchi. Penso che non sia un’eresia discutere di modifica al servizio universale anche per far sì che siano i sindaci a decidere chi entra in città per consegnare un piccolo pacco, e chi gestisce la logistica alle porte della città e penso che questo tocchi anche la funzione futura di Poste» (Radiocor, 20 novembre 2017)
Quindi, pare di capire, serve reintrodurre la riserva di servizio universale per il recapito pacchi, dando ai sindaci il potere di alzare ed abbassare il ponte levatoio per entrare in città a fare consegne, ma restituendo comunque il monopolio “buono” a Poste italiane. Se ci pensate, è un’idea geniale: in caso fallisse l’operazione Web Tax e non si riuscisse a far pagare a quei cattivoni degli Over The Top le tasse necessarie, si potrebbe sempre agire a valle, ripristinando il monopolio di Poste sul recapito dei pacchi. A monopolio, monopolio e mezzo.
Un mondo meraviglioso, quello del compagno Boccia. Il ritorno del vecchio, caro e progressista monopolio buono, quello pubblico. Tra l’altro, si potrebbe anche ricorrere ad argomentazioni “ambientali”, sulle esternalità negative causate da questo turbinìo di furgoni da consegna che ammorbano l’aria delle nostre città. Il monopolio pubblico potrebbe introdurre un contingentamento delle consegne, ad esempio.
Hai ordinato il mese scorso? Il furgone riverniciato rosso fuoco di PPI (Poste Popolari Italiane) potrebbe passare da te tra quattro mesi, per non gravare sulla qualità dell’aria e sulla congestione del traffico. I sindaci avrebbero l’ultima parola, naturalmente. Ah, poiché non vogliamo dare l’impressione che la scelta del consumatore sia così brutalmente coartata (ma prima viene la Società, e solo dopo il singolo, non scordatelo mai), si potrà prevedere che i cittadini consumatori possano recarsi “fuori dazio” a ritirare il pacco, a piedi o comunque utilizzando mezzi ecologici o pubblici, ad esempio una rete di bus statali appositamente allestita per recuperare, soprattutto in prossimità del collegio elettorale dell’onorevole Boccia, le imprese popolari di autotrasporto, messe fuori mercato da Flixbus ed opportunamente nazionalizzate.
Ci sono molti modi per riorganizzare il socialismo, nel ventunesimo secolo. L’Italia traccia la via ed il solco: da qui parte la reazione contro il neoliberismo. Dovreste essere orgogliosi di vivere in questo paese, dove il collettivismo ha ancora radici così profonde.