L’editing della realtà

Dietro lo scoop di Luciano Capone, che ha scoperto pesanti modifiche (editing, per chi sa l’inglese e lavora nella comunicazione politica in un paese di gonzi senza speranza) tra i punti programmatici votati sulla piattaforma Rousseau del M5S e la versione online il 7 marzo, non c’è solo un verosimile maldestro tentativo di ammorbidire i toni e mostrarsi rassicuranti, istituzionali e governativi. C’è soprattutto l’inesorabile azione della realtà, la stessa che sta impedendo la formazione di un governo.

La comparazione effettuata da Capone si basa sul servizio online Internet Wayback Machine, assai prezioso per verificare le attitudini orwelliane di chiunque pubblichi sul web ma che è anche un servizio a maglie larghe in quanto effettua scansioni e copie di siti ad intervalli irregolari e non molto frequenti. Resta quindi utilizzabile una delle due trincee difensive grilline, cioè che il documento finale fosse in realtà online da prima del 7 marzo (ed anche del 4, soprattutto).

Assai meno robusta è la seconda giustificazione, quella secondo cui il testo originario sarebbe stato editato per renderlo, come dire, meno barricadero nei toni. E nella sostanza? Pure, eccome. Basta leggere per rendersene conto. Ma non mi soffermerei neppure su questa vicenda, visto che la tesi difensiva grillina trova già adesione ed obbedienza cieca, pronta, assoluta, tra i liquami della Rete ed anche tra qualche opinionista-direttore.

Certo, si potrebbe obiettare che, in un paese minimamente civile o dotato di una qualche forma di principio di responsabilità, quanto accaduto metterebbe immediatamente in guai serissimi gli autori dell’editing, in termini di sanzione morale collettiva. Ma queste sono considerazioni futili: l’Italia è troppo mediterranea e troppo cattolica per perdersi con sciocchezze del genere. Basta ascoltare gli editorialisti più sensibili al grillismo, come Antonio Padellaro (ma non solo lui), mentre si sperticano in lodi del “cambiamento” pentastellato, da movimento rivoluzionario e confuso, filorusso, terzomondista, no-euro a forza centrista che si genuflette davanti alla Nato e si, insomma, vorrebbe cambiare la Ue ma non esageriamo, a noi basta solo un bicchierino di deficit in più per tenerci tranquilli.

Se per i pentastellati il cosiddetto editing è solo riformulazione degli stessi concetti con termini più asciutti ed istituzionali, diremmo che siamo di fronte all’ennesima evidenza del fallimento epocale del sistema educativo di questo paese, di cui i grillini sono il più eclatante artefatto. Ma anche su quello avevamo pochi dubbi, così come pochi e nessun dubbio abbiamo mai nutrito circa il fatto che il grillismo è la risultante di decenni di degrado civile del paese, di cui la politica è solo un aspetto. E del resto, se ci sono in giro così tante persone disposte a credere alla fiaba della democrazia diretta e passare sopra le devastanti dissonanze cognitive di un movimento ultra oligarchizzato ed a ferrea guida centralizzata, voi capite che c’è ben poco da analizzare.

Tutto ciò posto, come siamo messi a governo, tra forni ed altre amenità per strateghi da vicolo? Siamo sempre allo stallo, e lo siamo anche perché gli unti dal Popolo resistono a convergere soprattutto per un motivo: non perché la convergenza sia oggettivamente irrealizzabile quanto perché la non realizzabilità sta proprio nelle piattaforme elettorali. Loro sì, infattibili, praticamente sotto ogni aspetto sostanziale. Ecco quindi che serve evitare di misurarsi con la realtà, perché la medesima vi direbbe che non è possibile cancellare la legge Fornero, così come è impossibile non dico un referendum consultivo sull’euro ma neppure l’emissione di moneta fiscale, nuova pozione magica dei distratti italiani, che troppo poco hanno studiato quanto accaduto in Grecia al pifferaio Varoufakis.

Ecco quindi che serve evitare di andare soli in sala macchine. Deve andarci anche qualcun altro, da far incenerire dal ritorno di fiamma della realtà. Ecco quindi Giggino Premier Assoluto che ha deciso che lui deve andare a Chigi altrimenti è golpe perché sa che con questa richiesta salta tutto e si resta in campagna elettorale, in attesa di nuove dirimenti disfide come quella del Molise (per reiterare la misura del degrado civile di questo paese), mentre ancora per qualche settimana e mese si procede alacremente col lavaggio del cervello del Popolo, per tentare di arrivare ad un monocolore con questa legge elettorale, dopo aver vinto il premio di maggioranza, e non solo alla Camera.

Serviva un signor Malaussène, a questi apprendisti stregoni dell’editing, per metter piede nella stanza dei bottoni. Credevano di averlo trovato nel Pd, anche grazie a editoriali forsennati della prima ora, favorevoli all’ipotesi. Un bel Pd da usare come capro espiatorio se le cose andassero male e come organismo ospite a cui parassitare l’elettorato in caso andassero bene. Indovinate quale sarebbe l’esito per il Nazareno? Stesso discorso per un’alleanza dai numeri improbabili del M5S con la Lega e la ruotina di scorta della piccola patriota della Garbatella. Dare a Salvini Economia e Interno, ad esempio, e attenderne gli ovvi fallimenti per iniziare a cannoneggiarlo per la prossima campagna elettorale.

Salvini, che è tutto fuorché scemo, non vuole fare il junior partner ed il senior scapegoat di un simile governo, e vorrebbe a sua volta usare Berlusconi come scudo umano, portandoselo al governo, esattamente come i grillini vorrebbero parassitare l’organismo ospite del Pd. Silvio, a sua volta tutt’altro che scemo, non cede, ed è stallo. Alla fine, tutta la dinamica di questi 45 giorni va in una sola direzione: resistere, resistere, resistere all’ipotesi di trovarsi costretti a governare, ed alla realtà. Puntare a passare dall’attuale quadripolarismo imperfetto ad un bipolarismo meno imperfetto, drenando Pd e FI, e far durare quanto più a lungo il carnevale della campagna elettorale permanente. Un po’ come Bertoldo che non trovava albero di suo gradimento a cui farsi impiccare.

Ora attendiamo le prossime mosse del capo dello Stato, presentato sui giornali secondo l’iconografia più classica, cioè come un’Entità Superiore, dotata di pura intellezione e perfect foresight, come direbbero gli economisti fighi. Una sorta di Gran Maestro di scacchi agli steroidi. Purtroppo, o per fortuna di quella bizzarra cosa chiamata democrazia, egli non lo è affatto. Non c’è modo di mettere la cavezza e portare al macello della realtà chi ha deciso di non farcisi condurre.

L’unico esito da “disarmo bilanciato”, o più propriamente da MAD (Mutually Assured Destruction) sarebbe un cosiddetto governo del presidente (perdonatemi per questa espressione, che detesto quanto voi) o, detto alla svizzera, una “Formula magica” di un esecutivo con dentro tutti, ma proprio tutti, per marcarsi a vista e poter quotidianamente incolpare i compagni di banco governativo dei ceffoni elargiti a piene mani dalla realtà. Ma questo mi pare esito ancor più improbabile, a dirla tutta. I nostri eroi continuano a non essere scemi. Alla fine, gli unici scemi sono gli elettori, a ben vedere.

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