Sul Foglio un commento di Stefano Patriarca, esperto di questioni previdenziali, smonta le ricorrenti bufale sulla staffetta generazionale, uno dei tanti proiettili d’argento con cui in questo paese si inganna il tempo in attesa del dissesto. Ci sono anche dei numeretti impietosi e spietati, per quelli tra voi che hanno ancora dimestichezza con questi strani segni, che sono parte integrante del complotto contro l’Italia.
Prima, le considerazioni di tipo qualitativo e le cosiddette evidenze aneddotiche, come direbbero gli economisti. Una su tutte: sfoltire le coorti di lavoratori più anziani non si accompagna ad un corrispondente aumento del tasso di occupazione dei giovani. Basterebbe guardare i confronti sulle stesse coorti anagrafiche nel paesi europei: alti tassi di occupazione nel segmento over 60 si accompagnano ad altrettanto elevati tassi di occupazione nelle fasce dei ventenni e trentenni. Incredibile, vero?
So quello che state per obiettare: “eh, ma da noi c’è il nero, le statistiche sono sbagliate”. Dateci un taglio, magari. Impariamo a considerare che il sommerso, lungi dall’essere una sorta di contentino su statistiche economiche impresentabili rispetto ai paesi con i quali dovremmo confrontarci, è un danno per le casse pubbliche. Un danno fiscale e contributivo. In questo paese dovrà pure restare qualche stronzo disposto a lavorare non in nero per pagare le proprie tasse e le altrui pensioni, oppure demandiamo tutto alla stampa di moneta?
Altro punto, individuato da Patriarca:
«[…] non si può non tenere conto che in un sistema come il nostro, nel quale si può avere la pensione (in particolare quella di anzianità e non solo quella di vecchiaia) e continuare a lavorare senza vincoli, anche come lavoratore dipendente o come autonomo, non è detto che il pensionamento liberi spazi occupazionali»
E ancora, eccoci all’angolo dei numeretti. Tempo addietro Matteo Salvini ha affermato, con un’audace estrazione del lotto, che
«Il diritto alla pensione di un 62enne” (una cifra a caso) vale come un posto di lavoro e mezzo in più per un giovane»
Siamo del tutto d’accordo che trattasi di cifra a caso. Ecco i numeri forniti da Patriarca:
«[…] Per coprire il costo di un anno di pensione di anzianità goduta in anticipo, che mediamente si colloca attorno a 29 mila euro lordi annui, occorrono i contributi sociali corrisposti da ben 5 lavoratori dipendenti giovani (una retribuzione media mensile di 1.100 euro nette dà luogo a circa 5.600 euro annui di contributi previdenziali a carico del lavoratore e dell’impresa)»
Quindi il rapporto vero è uno a cinque. Ovviamente fatto non a deficit. Perché se ricorriamo al mitologico deficit (che nel caso dei nostri eroi al governo pro tempore è soprattutto deficit cognitivo), i giovani sono le vittime sacrificali, perché il nuovo indebitamento porterà ad innalzare ulteriormente la gobba pensionistica in arrivo tra un decennio, e di conseguenza i lavoratori subiranno un ulteriore taglio drastico del coefficiente di trasformazione, cioè delle pensioni attese.
Se poi volete altri numeri, eccoveli:
«Non si può non considerare che un miliardo di spesa pensionistica aggiuntiva per anticipare il pensionamento è equivalente al costo del lavoro per 35 mila giovani e ai contributi pensionistici pagati da 200 mila giovani lavoratori»
Però mi raccomando, andate pure avanti con l’idiozia della staffetta generazionale. Che in realtà si chiama così perché si tramanda tra generazioni di politici falliti di questo paese.