Confesso che non è affatto semplice seguire la girandola di dichiarazioni quotidiane dei nostri due prestigiosi vicepremier, soprattutto quando si ha la fortuna di avere un lavoro. Tuttavia, mentre attendiamo di conoscere che diavolo di legge di bilancio uscirà dalla “interlocuzione” che il non meno prestigioso premier italiano ha in atto con la Commissione Ue, segnalo tre perle delle ultime ventiquattr’ore di Giggino Di Maio, l’uomo che non perde mai occasione per chiudersi in un dignitoso silenzio e preservare il dubbio negli interlocutori.
See you later, navigator – La platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza ammonterà a 5 milioni di persone, ha confermato Di Maio da Vespa a Porta a Porta. Non solo: il ministro ha spiegato che i centri per l’impiego prevederanno “la figura del navigator” che “si prenderà in carico” la persona in cerca di lavoro “lo formerà e lo orienterà in modo che l’azienda lo possa assumere senza doverlo formare”.
Quindi, vediamo: arriva il navigator, dopo essersi cambiato nella più vicina cabina telefonica (occhio, ché sono quasi scomparse), prende un disoccupato, lo osserva attentamente, lo cosparge di una magica polverina e lo “forma”. Poi lo spedisce in azienda, dove viene accolto con una pacca sulla spalla e messo immediatamente all’opera, con un picco di produttività all’ingresso che resterà nei libri di storia della civiltà occidentale. Ma chi potrà essere, questo navigator? Un formatore agli steroidi, ovvio. Ma chi? Giggino precisa:
«La formazione non necessariamente deve essere formata nei centri per l’impiego; può esserlo in un centro privato, in una azienda. L’importante è che la persona che orienta il disoccupato venga pagato in base al numero delle persone orientate»
Quindi, vediamo di nuovo, a parte quella “formazione formata”: il navigator forma e orienta il disoccupato senza bisogno che l’azienda beneficiaria debba intervenire, ma il navigator può essere una azienda, immaginiamo non la stessa che passerà all’assunzione. Ecco. L’importante è però che il navigator venga pagato a cottimo, come da definizione di Di Maio. E auspicabilmente non in nero, aggiungiamo noi.
In un tot – Stamane Giggino si è poi presentato all’Ansa, dove è stato il protagonista di un forum, immagino per la gioia dei redattori dell’agenzia. In quella circostanza ha scolpito:
«L’analisi costi-benefici non è per rallentare la costruzione delle grandi opere, non si pensi che gli studi possano essere orientati ideologicamente. È garanzia mia e degli altri ministri. E’ uno studio assolutamente sganciato da orientamenti politici, solo per dire che un’opera è partita e costa un tot»
Quindi, vediamo: le analisi costi-benefici sono “oggettive”, nel magico mondo di Di Maio. Ci servono per attestare che l’opera è partita e costa quel famoso “tot”. Ma se le cose stanno in questi termini, come mai non si sa ancora nulla della ormai mitologica analisi sulla Tav, quella che il liquidatore di sinistri prestato alle infrastrutture, al secolo Danilo Toninelli, è riuscito a rinviare, pardon “a congelare”, diciamo fino a dopo le elezioni europee anche se ora Giggino dice “prima” perché lui è il più furbo del reame? Ci sono dei “tot” che non tornano, per caso? Ah, saperlo.
Io speriamo che l’Iva me la cavo – Sempre da Vespa, Di Maio aveva anche dichiarato che lui punta sopratutto a sfangarsi l’Iva, che invece noi credevamo essere pratica già archiviata, in attesa di riprenderla in mano tra un anno, alla prossima legge di bilancio. Invece, pare che le cose stiano in termini differenti:
«Il tema della trattativa è portare a casa le misure, e la più onerosa è l’Iva. Se per esempio i 6,7 miliardi per quota 100 sono la somma massima perché il 100 per cento aderiscano, e invece con il divieto di cumulo, ci saranno meno persone che vi accederanno, e se i tecnici ci diranno che alla fine aderirà l’80%, allora rimarranno dei soldi»
E quindi? Usiamo l’improbabile divieto di cumulo per scrivere dei risparmi del tutto aleatori e giriamo quei risparmi sull’Iva anziché al sempre totemico “dissesto idrogeologico” col quale avere la non meno totemica “flessibilità”? Stai a vedere che manco riusciamo a sterilizzare l’Iva per il solo 2019? Oppure è una sottile tecnica di comunicazione gigginesca per stimolare un boom dei consumi da scampato pericolo? Ah, saperlo.