Mentre tutte le maggiori banche italiane, presentando i contri trimestrali, informano che procederanno a ridurre lo stock in portafoglio di titoli di stato nazionali, nella finanza tricolore c’è chi va patriotticamente controtendenza, con argomentazioni da inversione del flusso causale o meglio con nostalgia dei ruggenti anni Settanta.
Si tratta di Cimbri, che non è l’antico popolo germanico che alla fine del II secondo secolo a.C. invase il territorio della Repubblica romana ma dell’amministratore delegato di Unipol, che all’anagrafe fa Carlo. Che oggi si schiera decisamente contro l’introduzione di penalità di capitale per le banche (e per analogia anche per le assicurazioni) che detengono Btp:
Continua ad aleggiare una possibile evoluzione normativa regolamentare di quantificazione del premio al rischio e quindi di charge su titoli di Stato. Questa è una linea portata avanti da stati del Nord Europa e dalla Germania. (Ansa, 10 maggio 2019)
Per poi diventare patriottico:
Questa è la linea del Piave per l’Italia. Accettare che attraverso alchimie regolamentari vi possa essere una restrizione della possibilità delle nostre imprese finanziarie di sottoscrivere titoli di Stato la trovo, come cittadino, una cosa molto pericolosa perché impoverisce la domanda del nostro debito a favore di altri Paesi con tutte le conseguenze di spread che potete immaginare. (Ansa, 10 maggio 2019)
Da dove partire? C’è solo l’imbarazzo della scelta; più l’imbarazzo che la scelta, a dirla tutta. Intanto, siamo ragionevolmente certi che il dottor Cimbri conosca il concetto di diversificazione di portafoglio, che non è esattamente una “alchimia regolamentare”. È solo che qui viene colpito da temporanea amnesia e lo rimuove. A meno di pensare che quel concetto sia una invenzione “portata avanti da stati del Nord Europa e dalla Germania” a danno del nostro paese, s’intende. Io, nel mio piccolo, se devo affidare i miei soldi ad un gestore, cerco di assicurarmi che il medesimo abbia ben chiaro il concetto di diversificazione degli investimenti, comunque.
Con le sue patriottiche parole, di fatto, Cimbri invoca il vincolo di portafoglio, come ai bei vecchi tempi. Non solo: inverte il flusso causale, nel senso che lo spread, a suo giudizio, non sarebbe più espressione del rischio di credito di un paese emittente ma dipenderebbe (appunto) dal vincolo patriottico dei gestori italiani. Ogni penalità di capitale “impoverisce la domanda” del nostro debito è concetto singolare, quasi come se il nostro debito pubblico fosse una specie minacciata di estinzione. In effetti, i mercati finanziari sono ecosistemi, e a volte ci sono specie che si estinguono per dissesto, ma non facciamo troppa filosofia.
Per tenere basso lo spread ed il rischio di credito, quindi, serve che banche ed assicurazioni italiane continuino a rimpinzarsene, rispondendo ad un incoercibile richiamo patriottico più che ad un imperio di legge, come invece era l’originario vincolo. Interessante inversione della causalità. Spesso è importante pensare in modo non convenzionale, in effetti.
Eviterò di rispondere ad osservazioni del tipo “ma il nostro debito rende di più, quindi meglio avere quello che il rendimento zero dei tedeschi” perché, malgrado le maldicenze che girano sul mio conto, io tengo in massimo rispetto l’intelligenza di ogni mio interlocutore.
A dispetto del sovranismo finanziario del dottor Cimbri, tuttavia, pare che i tempi stiano davvero per cambiare. Nel senso che le nostre maggiori banche paiono davvero intenzionate a normalizzare lo stock di Btp in portafoglio e far giungere anche in Italia il concetto di diversificazione degli investimenti. Quanto alle assicurazioni, pare stia accadendo lo stesso.
Se le cose andranno realmente in questi termini, non servirà alcuna “alchimia regolamentare o normativa” volta a penalizzare esplicitamente i Btp, perché il mercato inizierà a prezzare il rischio di mancata diversificazione del portafoglio, separando i patrioti dai professionisti. A quel punto, ci saranno anche meno alibi per tedeschi e affini a bloccare la piena realizzazione dell’assicurazione europea sui depositi.
Se le cose andranno così, banche ed assicurazioni italiane avranno aiutato il proprio Stato a tenere in ordine i conti, nell’interesse delle generazioni presenti e future. Avranno forse un po’ meno potere di condizionamento sulla politica ma la storia patria ne renderà loro merito. Ne siamo certi.