Oggi è venerdì, per molti è la fine di una dura settimana di smart working, per altri di un misto tra casa e lavoro, per altri ancora di appassionante impegno civile sui social, a difesa dei propri beniamini e alla ricerca di nuove conferme alle proprie certezze. Per altri, inclusi iperventilanti operatori dell’informazione che da decenni rubano spazio al programma che segue per poter dare in diretta la notizia che sconvolgerà la vita del nostro paese, terremotando il panorama politico (e invece, #ilgiornodopononsuccedemaiuncazzo), siamo all’antivigilia dell’ennesimo Giorno del Giudizio.
Come andrà il referendum confermativo della riduzione del numero di parlamentari? Vincerà la “conservazione” delle camarille oppure la “rivoluzione” degli oligarchi? Ah, saperlo. Anzi, io lo so. Non me ne importa un fico secco, perché comunque vedi hashtag sopra.
Ma oltre a ciò, l’altro Giudizio divino ma molto umano è la solita gara delle elezioni regionali, quelle dove “i comunisti” potrebbero perdere dopo settant’anni, oppure “i fascisti potrebbero iniziare la loro marcia su Roma” (marcia, sicuramente). Come andrà in Toscana, quindi? E in Puglia, l’immaginaria California d’Italia, il miracolo economico che non lo era, lo spazioporto delle mozzarelle fiondate sulla West Coast, la retorica tonitruante del suo imponente presidente, quello che ha immolato un tendine di Achille al gentismo e si è creato una big tent fusionista ed anche un po’ fusa?
E chi affronterà il valoroso magistrato in aspettativa, in questa tenzone tra sol dell’avvenire e cupio dissolvi abbrunato? Anche qui, chissenefrega. O meglio, lo volete capire che #ilgiornodopononsuccedemaiuncazzo? Io però vorrei segnalarvi, in attesa che la raccolta completa arrivi su Netflix, ora che gli sceneggiatori di Black Mirror hanno gettato la spugna, l’ultima delle predicazioni di Michele Emiliano, che ha uno stile unico di affabulazione. Eccovela:
Ditemi: non è meravigliosa, questa narrazione? C’è qualcuno, in giro per il mondo, che si è incettato le miniere di carbone per un tozzo di pane, anzi no, che dico, per “miliardi e miliardi”, e se -per ipotesi- “la più grande acciaieria d’Europa” dovesse essere trasformata in un impianto avveniristico, a idrogeno, dove quest’ultimo verrebbe ottenuto dal gas che ci arriva, tra le altre location, dal gasdotto Tap, pensate che bagno di sangue per la Spectre del carbone, che proprio ora, mentre leggete, tira i fili di qualche burattino pugliese per sabotare Emiliano.
Il gas, dicevamo. Ecco, importiamo quello che arriva tramite Tap, dopo aver archiviato una esaltante sconfitta sul tracciato del tubo; poi lo trasformiamo in idrogeno, con un bilancio energetico di cui ci importa se possibile anche meno di quello fiscale, e poi ci facciamo l’acciaio decarbonizzato. E pazienza che l’acciaio senza il carbonio sia…ferro.
Quindi, amici, concittadini, corregionali, state in guardia: c’è la Spectre del carbone che tiene gli occhi sulla “più grande acciaieria d’Europa” per fare il suo colpo del secolo. Vigilate assieme al vostro governatore. Sperando che da questo tubo esca gas perché “mi dicono che l’Azerbaijan sta per finire il gas”. E anche lo zucchero, ho saputo stamane all’ora di colazione.
A questo punto, già sento i vostri borbottii e borborigmi: ecco, questo sta facendo campagna elettorale “per l’altro”. No, figlioli, proprio no. Perché “l’altro” è un giovane vecchio che vent’anni addietro fu governatore enfant prodige e nel quinquennio precedente fu vice. Battuto al fotofinish sulla ricandidatura, lasciò una impronta talmente indelebile che proprio grazie ad essa oggi può ripresentarsi e dire “ricordate tutto quello che ho fatto per voi? No? Neanch’io”.
E poi, chi abbiamo? Un volenteroso guastatore di un ipotetico terzo polo (mamma mia, che sfiga porta questo termine!) ed una grillina rimasta fedele alla tradizione delle origini. In effetti, se l’incumbent riesce ad esprimersi come e meglio di un pentastellato per drenare l’acqua dove nuotano i grillini, perché votare l’originale se la copia è ben più pesante, in ogni senso, e con una invidiabile capacità di attrarre una composita ma vitale forza della società? Attenzione, però: in Italia, c’è sempre qualcuno più populista di te, che ti epura.
Questo è lo spaccato dell’elettorato italiano, dopo tutto: comprarsi auto usate ma garantite non funzionanti, sapendo che “qui stiamo scrivendo la storia dell’intero paese”, su un libro di finissima carta igienica istoriata meglio non precisare da cosa. Ma forse gli italiani non sono così sprovveduti come vengono disegnati: loro mettono il loro bravo chip sui patrones che promettono meglio; fiduciosi che, se le cose andassero male, tanto #ilgiornodopononsuccedemaiuncazzo. Il problema con questo approccio è cosa succede nel lungo termine. Quello dove le macerie crescono rigogliose, in attesa di franarci addosso.