Odio satellitare

Il Consiglio di Stato francese renderà nota lunedì la propria decisione riguardo l’oscuramento della ricezione in Francia della emittente satellitare Al-Manar, che trasmette dal Libano e rappresenta la voce del movimento integralista sciita Hamas. Il Conseil Superieur de l’Audiovisuel francese ha chiesto l’oscuramento dell’emittente per il contenuto delle trasmissioni, che rappresenterebbero un’incitazione all’odio e all’antisemitismo. Per tutta risposta, l’omologo organo libanese di controllo ha minacciato ritorsioni sulle catene televisive francesi ricevute in Libano, in caso di oscuramento di Al-Manar. Questa situazione richiama una vicenda simile, che interessa il Canada, e di cui Daniel Pipes ha dato ampio conto. La tecnologia e gli strumenti della comunicazione globale sono ormai diventati l’avamposto della guerra che si combatte ormai in modo esplicito tra integralismo islamico e liberalismo occidentale. E’ ormai noto ed evidente che il fanatismo ed il fondamentalismo padroneggiano le più evolute tecniche di comunicazione di massa, basti pensare al “codice deontologico” usato dai giornalisti di Al-Jazeera: uso massiccio di domande retoriche finalizzate a far passare concetti a senso unico. Solo qualche sprovveduto (o in malafede) pseudo-liberal di casa nostra può mettere sullo stesso piano gli inviati di guerra “embedded” della Cnn e la trasmissione “selettiva” di filmati che mostrano decapitazioni ed altre amenità con l’evidente finalità di orientare e rafforzare l’orientamento ideologico prevalente dei 50 milioni di persone che seguono quotidianamente Al-Jazeera nei paesi arabi. Ma le domande che si pongono a noi occidentali sono altre: è lecito opporre una sorta di censura al libero flusso d’informazioni, comprese quelle provenienti dal fanatismo religioso, oppure così facendo il liberalismo occidentale sta dannando se stesso come afferma, tra gli altri, Noam Chomsky? A nostro avviso, la domanda è mal posta: il liberalismo non può e non deve essere il cavallo di Troia usato dal fanatismo per contaminare i nostri valori occidentali. Valori che qualcuno, dalla solita parte politico-culturale, sta cercando di rimettere in discussione. Naturalmente, non è un crimine criticare le innumerevoli imperfezioni del nostro sistema socio-culturale: ma lo diventa se, per promuovere queste critiche, si utilizzano argomenti aberranti e mutuati da culture che ci sono aliene ed ostili. Il mondo occidentale è oggi impegnato in quella che, al tempo della guerra fredda, si sarebbe definita “confrontation”. All’epoca l’avversario era l’Unione Sovietica, oggi sono i nuovi fascismi e totalitarismi religiosi. In quest’ottica andrebbero inquadrati interventi come quelli di Marcello Pera (che dubitiamo sia improvvisamente diventato un clericale reazionario), che denuncia il declino della spiritualità in Europa come il maggior rischio per il nostro futuro, e che al solito sono invece additati al pubblico ludibrio con il solito armamentario linguistico-culturale di demonizzazione del nemico. Non si tratta di violentare le culture di provenienza di chi giunge in Occidente. Ma, allo stesso tempo, occorre che tali culture debbano essere sottoposte ad un “test” di compatibilità con i valori che l’Occidente esprime, dopo secoli di guerre, lutti e devastazioni, per affermare il rispetto dei diritti dell’uomo. E se tale test dovesse fallire, non si deve fingere che nulla sia accaduto ed alimentare così l’autosegregazione carica di odio e risentimento che alligna nel cuore delle nostre città.

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