Bravo! (le Traite’ est mort, vive l’Europe!)

La Francia ha rigettato il Trattato costituzionale dell’Unione Europea con il 54.87 per cento dei voti, secondo i dati del Ministero dell’Interno. La sconfitta, che rappresenta il primo veto al patto europeo da parte di un membro fondatore, può “uccidere” la costituzione, che richiede l’approvazione da parte di tutte le 25 nazioni. Il rovescio può mettere poi fine alle speranze di rielezione di Chirac, dopo il suo palese fallimento a ridurre una disoccupazione arrivata al massimo da 5 anni e mezzo, oltre a mettere a rischio i negoziati per l’adesione di paesi quali Croazia e, soprattutto, Turchia. Ancora una volta, abbiamo assistito ad un voto “contro” da parte dell’elettorato francese. Contro il governo del presidente, l’eterno Giano bifronte senza ideali né morale, l’uomo che vuole essere maggioranza ed opposizione, tecnocrate e popolano, nazional-sciovinista ed idealista. L’uomo che tenta disperatamente di ritardare l’inesorabile declino di un paese privo di un progetto ideale e di un’identità, gonfiando il proprio potere di veto, ricatto ed interdizione come una rana di Fedro prima di esplodere. Un paese che fa la voce grossa con le giovani e vitali democrazie dell’Est europeo, bacchettando il loro ritrovato patriottismo, dall’alto del proprio intollerabile sciovinismo, fondato su un illuminismo senz’anima che sta producendo guasti irreparabili al tessuto della convivenza sociale ed etnica. Un Trattato di 448 articoli, in nessun caso una Costituzione, che è fatta di poche e profonde idealità. Le motivazioni del no sono anche legate alla paura del nuovo ed all’assenza di volontà di competere sullo scenario internazionale da parte di ampi strati di popolazione, che solo ora stanno prendendo coscienza della portata della crisi. Con questa sconfitta vanno in fumo anche gli idealismi straccioni di buona parte dell’italico centrosinistra, che ha scelto di dare fiato al proprio irreversibile provincialismo decidendo che quello che va bene per la Francia va bene per Italia, Europa e universo-mondo. E di quella parte della nostra sinistra economicamente analfabeta e politicamente ottusa, che continua a scambiare José Bové (che pure era contrario al Trattato) per un idealista no-global anziché per quello che è realmente: un protezionista che contribuisce attivamente, difendendo con le unghie e con i denti la suicida Politica Agricola Comune europea, fatta d’immorali sussidi, a strangolare economicamente quei paesi in via di sviluppo del cui nome ci si riempie periodicamente la bocca nelle ricorrenti ordalie antiamericane. Chirac, che ha trascorso la sua esistenza politica tentando di scimmiottare De Gaulle, potrebbe imitare per l’ultima volta il Generale, che il 27 aprile 1969, sconfitto ad un referendum, da egli sostenuto, per riformare le Regioni ed il Senato, si dimise irrevocabilmente dalla presidenza e dalla politica, ritirandosi a vita privata. De Gaulle aveva una concezione molto precisa della funzione presidenziale: un capo dello stato, eletto a suffragio universale diretto, perde la propria legittimazione nel momento in cui non ha più la fiducia dei propri elettori, quale che sia la forma tecnica della consultazione elettorale.
All’(a)moralità politica di Chirac valutare quanto probante sia stata una consultazione in cui si è espresso circa l’80 per cento dei cittadini.
Per parte nostra, noi eravamo e siamo per il no: no all’eurosclerosi, no alla psicopolizia europea dei reati d’opinione, no ad un’eurocrazia parassitaria, no alle rendite di posizione franco-tedesche, no al provincialismo ed antiamericanismo degli illuminati illuministi italiani. E si ad un’Europa dei popoli, del libero scambio e del libero pensiero.


Toccato il fondo…

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