E’ nato il primo blog gestito da (alcuni) giornalisti Rai. Si intitola, manco a farlo apposta, “Schiena dritta“, citando le parole rivolte tempo addietro, ed in ben altro contesto, agli operatori dell’informazione dal presidente Ciampi. Come recita il chi siamo del sito, gli animatori del blog sono professionisti che lavorano nell’informazione Rai, i cui valori di riferimento sono:
“l’autonomia della professione e l’indipendenza di un servizio pubblico all’altezza della sua missione sociale, così come previsto dal Contratto di Servizio. Il nostro scopo è avviare in collaborazione con l’Usigrai un dibattito il più possibile ampio e articolato sulla riforma della Rai, che coinvolga non solo gli addetti ai lavori ma tutti quei settori della società italiana convinti che un servizio pubblico libero, moderno e di qualità sia una risorsa per il Paese. In questa direzione proponiamo cinque idee guida:
1. La costituzionalizzazione del servizio pubblico radiotelevisivo;
2. una riforma che ne garantisca davvero libertà e indipendenza;
3. l’impegno personale in difesa della nostra autonomia professionale contro ogni tentativo di censura, manipolazione, mistificazione delle notizie;
4. la pubblica denuncia agli organismi sindacali e professionali di qualsiasi tentativo di indebite influenze dall’esterno e dall’interno tese a limitare il diritto alla libertà dell’informazione attraverso il servizio pubblico;
5. un largo confronto sul servizio pubblico che coinvolga tutte le professionalità della Rai, gli utenti, le associazioni dei consumatori e della società civile.”
Un pentalogo di altissimo spessore morale, siamo certi che i paladini della libera informazione fremeranno di gioia, intonando a squarciagola il Bella ciao d’ordinanza. Osservando i link del sito, notiamo subito la presenza di alcuni campioni del giornalismo di progresso: la FNSI del girotondino Paolo Serventi Longhi, l’associazione Articolo 21 dell’arruffapopolo Beppe Giulietti, il fantastico sindacato Usigrai, da sempre modello di free speech e libero pensiero pluralista entro le sacre mura della Rai.
Tra gli improvvisati blogger si nota la netta prevalenza di giornalisti del Tg3, più qualche foglia di fico, o meglio di Tagliafico (Daniela), che ha scoperto la insostituibile funzione sociale (?) della Rai dopo alcune divergenze col proprio direttore, quel cattivone di Clemente J. Mimun.
Tra i post si coglie lo smarrimento che si è impadronito di molti giornalisti italiani, che negli ultimi anni si sono visti “degradati” (secondo loro) a semplici operatori dell’informazione, anche sotto il profilo contrattuale, perdendo qull’aura di sacralità da cui sono sempre stati avvolti. Timorosi di perdere il proprio ruolo pedagogicamente gramsciano di educatori delle masse plebee, stanno cercando disperatamente di riorganizzarsi. E quale migliore occasione della ferale lotta contro il Tiranno di Arcore, che si è impossessato della libertà d’espressione e tiene in ostaggio la (un tempo) vitale democrazia in questo sciagurato paese? E così, ecco Riccardo Chartroux (del Tg3, of course), noto per essere stato l’entusiasta cantore delle “vacanze romane” di Abdullah Ocalan, anni addietro (per gentile importazione di Rifondazione comunista), oltre che per essere oggi uno dei pasdaran della “libera informazione” della testata di Antonio Di Bella, che lancia il proprio grido di dolore:
Schiena dritta vuol dire quindi, per cominciare, alcuni semplici sì e no. Sì alle notizie, no alla loro manipolazione a fini personali e di parte. Sì al racconto dell’Italia e del mondo, no alle rappresentazioni di comodo, sì al mondo reale e no al pluralismo fatto di verità contrapposte che si legittimano solo per il potere cui fanno riferimento. I tecnici ci dicono che un giorno la grande rete integrata globale metterà tutti sullo stesso piano, e il racconto di Enzo Biagi varrà quanto quello di qualsiasi blog, e che la moltiplicazione delle voci ci darà il pluralismo e la libertà. Non credo che sia così, credo alla funzione sociale di una categoria professionale il cui lavoro è raccontare e garantire credibilità. E condizione essenziale perché questa categoria sopravviva è che sappia dimostrare, appunto, di avere la schiena dritta.
Chartroux ha ragione da vendere. Potrebbe cominciare, ad esempio, con la propria testata, da sempre maestra nel manipolare notizie, secondo la propria “rappresentazione di comodo”. Prendete il corrispondente dagli Stati Uniti, Corradino Mineo. Dopo aver passato gran parte del 2004 a dare per spacciato Bush e trionfante Kerry, si è rapidamente ripreso dallo shock e sta già iniziando a sciorinare sondaggi da cui emerge che “la popolarità del comandante in capo cola a picco”. Vede complotti neocon e fondamentalisti cristiani ovunque, a sentire le sue corrispondenze si direbbe che a Guantanamo i detenuti vengano fatti “passare per il camino”. Quindi, viva Chartroux: basta con le manipolazioni delle notizie a fini personali e di parte. E quindi rivediamo drasticamente la linea editoriale, e la composizione degli organici: ad esempio di RaiNews24, l’emittente digitale satellitare e terrestre della Rai, da sempre occupata militarmente dagli attivisti zapatisti e zapateristi, e che ci mostra un mondo diviso in due: i malvagi americani che vessano e violentano il pianeta, e le masse sfruttate che si sollevano nel nome di qualche tagliagole fondamentalista, vessillifero della lotta contro povertà e sfruttamento planetario. Nel mezzo, servi sciocchi e Quisling assortiti, si chiamino essi Blair o Berlusconi. Il povero Putin, in quest’orgia di ideologia malata e vagamente mafiosa (cioè impostata sul bipolarismo “o con noi o contro di noi”) ha già subito alcune “riletture critiche”. Dapprima, soprattutto quando Berlusconi lo invitava in Costa Smeralda a prendere il sole, definito abitualmente “ex spia del KGB”. Poi, prima della guerra del Golfo, quando si oppose all’intervento armato per difendere i lucrosi contratti petroliferi russi, divenuto modello di statista pacifista; da ultimo, dopo i crescenti attriti con Condoleezza Rice ed il suo ruvido approccio da sovietologa di formazione, tornato a vestire i panni del difensore della democrazia planetaria.
Chartroux e compagni si inscrivono nel grande solco progressista della campagna di gruberiana memoria “Abbonato alza la voce“, che nel 1994 lottò duramente contro il primo governo Berlusconi e l’incipiente tirannide, con argomentazioni pressoché identiche. Scampato il pericolo, e tornata la Rai saldamente in “mani amiche”, scomparvero di colpo tutte le inefficienze gestionali, le conventicole, l’antimeritocrazia, e l’azienda divenne un modello culturale e manageriale invidiato anche all’estero: Santoro che dimostrava, in diretta e senza contraddittorio, che Dell’Utri era un narcotrafficante di levatura planetaria, Biagi che faceva lo stesso nei confronti di Berlusconi, anche se con emiliana bonomia e l’abituale profluvio di citazioni ammuffite; Luttazzi che, in una trasmissione di satira, invitava il noto umorista Travaglio a dimostrare la provenienza mafiosa del patrimonio di Berlusconi, senza che nessun comico alla Emilio Fede potesse in qualche modo confutarne la tesi, con barzellette di segno opposto.
In Rai, da circa quattro anni, è in corso una singolare polemica da fast food, con i progressisti che accusano il direttore del Tg1 per il “panino”: nella sequenza di informazioni politiche (il famoso “pastone”), prima viene dato spazio ai commenti governativi, poi a quelli dell’opposizione, e da ultimo a quelli provenienti da esponenti della maggioranza. Mimun ha sempre ribattuto, non senza ragione che, ad esempio, al Tg3 esiste non il panino, ma il “Big Mac”: governo-opposizione-maggioranza-opposizione. Lì, evidentemente, non è questione di schiena dritta, ma di “affinità culturali con i propri referenti politici”, secondo la vecchia tripartizione partitica della Rai, tanto cara al suo attuale presidente-decano, Sandro Curzi, quando dirigeva Telekabul.
Nulla di nuovo sotto il sole, quindi: quando al governo ci sono i nemici, la Rai è preda di nani, ballerine, mestatori, pierre e leccastivali; quando ci sono gli amici, funziona tutto perfettamente. Schiena dritta, compagni, questa non è proprio la BBC…