Montagne, conclavi e topolini

Ventiquattro ore di pensoso brain storming prodiano hanno prodotto la raccomandazione di tagliare del dieci per cento le spese dei ministeri, anche per contrastare gli spin-off realizzati per offrire strapuntini a tutta la variopinta corte dei miracoli unionista. Sembra di essere tornati ai tempi di Andreotti, quando le leggi finanziarie si facevano essenzialmente con tre strumenti di copertura: blocco del turnover nella pubblica amministrazione, riduzione del numero di posti-letto negli ospedali, taglio ai budget dei ministeri. L’unica differenza con l’epoca aurea del Divo Giulio era data dal fatto che questi “tagli”, massimamente aleatori ed irrealizzati ex-post (Scalfari era uso definirli “proposizioni ipotetiche di quarto grado”) servivano come foglia di fico per decisioni di spesa maledettamente tangibili.

Cambiano i tempi e le priorità: oggi l’obiettivo è il rientro nei parametri di Maastricht, per centrare il quale l’Unione Europea chiede all’Italia una riduzione del deficit strutturale (cioè quello indipendente dalla fase del ciclo economico) dell’1.6 per cento in due esercizi fiscali. Da un governo ormai da non pochi giorni nella pienezza della propria operatività ci si aspetterebbe qualcosa di più incisivo che il taglio del parco di auto blu, altro cavallo di battaglia del defunto pentapartito della Prima Repubblica. Ma è vero, stanno facendo la due diligence dei conti pubblici: per luglio saranno in grado di dirci che la correzione sarà inferiore al punto percentuale annuo di Pil, che potrebbe essere peraltro generata spontaneamente dalla crescita economica, speranza neanche troppo dissimulata da Prodi. Intanto, appare interessante il primo provvedimento di Tommaso Padoa Schioppa: l’applicazione integrale di un provvedimento della Finanziaria 2006 (l’ultima firmata dal Nemico) sul contenimento obbligatorio della spesa sanitaria, che prevede incrementi automatici della aliquote Irap ed Irpef per le regioni inadempienti. Ciò significa che la Finanziaria 2006, anno elettorale, era stata dotata di denti per contenere la dinamica di espansione inerziale della spesa pubblica, quella derivante dall’irresponsabilità fiscale degli enti locali, di qualsiasi colore. Non era quindi una finanziaria elettoralistica, come implicitamente confermato anche dalla valutazione della Commissione Europea.

Nel frattempo, il sindacato esprime la propria opzione strategica: chiedere alla Commissione Europea un anno aggiuntivo per il rientro negoziato, cosa che Prodi non sembra disposto a concedere, forse proprio perché fiducioso nella concreta possibilità di evitare una manovra intermedia di rientro.

Prodi e Padoa Schioppa sono consapevoli del fatto che la leva fiscale non potrà essere utilizzata in modo estensivo ed intensivo, come strumento di vendetta sociale che da sempre è parte integrante del bagaglio ideologico della sinistra radicale, pena l’ulteriore allontanamento del paese dal mainstream globale di politica economica, che postula tagli di spesa e di tassazione, e riequilibrio tra tassazione di lavoro e capitale/risparmio (da ridurre) e quella sui consumi (da aumentare, previa liberalizzazione dei mercati di beni e, soprattutto, servizi). Tuttavia, data l’altissima disomogeneità ideologica che caratterizza il governo Prodi, il numero di gradi di libertà a disposizione del Professore tenderà a ridursi drammaticamente al momento delle decisioni vere.

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