Un numero crescente di cittadini statunitensi privi in tutto o in parte di assicurazione sanitaria compiono viaggi intercontinentali per farsi curare in India, Thailandia, Singapore e Malaysia. Il fenomeno viene alimentato dall’iniziativa pionieristica di alcune aziende statunitensi, che stanno seriamente guardando alla possibilità di introdurre forme di outsourcing anche nella sanità. La determinante di questo fenomeno è da individuare ancora una volta nel vantaggio di costo: le procedure mediche in Thailandia e Malaysia costano solo il 20-25 per cento circa rispetto all’equivalente prestazione statunitense. Gli ospedali indiani di eccellenza vendono questi servizi con sconti anche maggiori. Un’intervento di ernia del disco costa negli Stati Uniti circa 90.000 dollari. Lo stesso intervento può essere praticato al Bumrungrad Hospital di Bangkok (un incrocio tra una clinica ed un grand hotel) da un chirurgo formatosi negli Stati Uniti o nel Regno Unito per 10.000 dollari. Il solo Bumrungrad ha accolto nel 2005 ben 55.000 pazienti statunitensi, con un incremento del 30 per cento. Di rilievo il fatto che ben l’83 per cento degli interventi a cui gli americani si sottopongono sono di tipo non-cosmetico, cioè sono interventi di chirurgia elettiva, tradizionalmente quelli a maggior margine di profitto per gli ospedali americani, che subirebbero immediati contraccolpi reddituali dall’intensificarsi del turismo sanitario di alta specializzazione.
Per raccogliere una clientela internazionale, molti ospedali privati all’estero stanno chiedendo l’accreditamento all’istituzione che abilita la maggior parte degli ospedali statunitensi.
Secondo alcuni economisti, questo fenomeno ha il potenziale di fare al sistema sanitario statunitense quello che l’industria giapponese dell’auto ha fatto ai costruttori di Detroit. Resta da capire se gli assicuratori statunitensi parteciperanno a questa tendenza, date le elevate incertezze di quadro normativo e regolatorio implicite nel fenomeno di globalizzazione sanitaria. Ma con l’aggravarsi della crisi del modello sanitario americano, le aziende potrebbero trovare irresistibile l’alternativa, similmente a quanto già accaduto con l’attività di sviluppo e gestione di software. L’incentivo verrebbe dalla disdetta dei piani sanitari tradizionali, e dal trasferimento diretto ai lavoratori di parte del risparmio ottenuto con l’outsourcing sanitario. Negli Stati Uniti si sta sviluppando il fenomeno dei cosiddetti mini-med plans, piani sanitari low-cost e a bassa copertura, utilizzati soprattutto dai lavoratori ad ore, che intuitivamente rappresentano la categoria con le maggiori probabilità di essere priva di copertura assicurativa sanitaria. I mini-med plans hanno di solito rimborsi massimi di 3000 dollari per intervento chirurgico e di 1000 dollari al giorno per la degenza, sufficienti in media a coprire il costo di un pomeriggio in un ospedale statunitense. Ma in Thailandia un intervento di bypass costa 8.000 dollari, contro i 56.000 degli Stati Uniti. Ecco perché alcuni fornitori di coperture mini-med hanno iniziato ad offrire il Bumrungrad come provider ospedaliero preferito. Secondo un recente sondaggio, in caso di risparmi superiori ai 5.000 dollari, il 61 per cento dei soggetti non assicurati o sottoassicurati del campione intervistato si dice disposto a imbarcarsi su un volo intercontinentale per sottoporsi alla terapia. Vi sono anche controindicazioni, ovviamente: prima tra tutte lo shock culturale, che di solito si materializza nello scorgere dalla finestra della propria camera di ospedale i bambini indiani che frugano nei rifiuti alla ricerca di cibo, oltre alla ridotta disponibilità di strutture alberghiere di qualità per i periodi di convalescenza e più in generale la ridotta dotazione infrastrutturale di molti paesi asiatici. Anche per gli appassionati di contenzioso legale l’India è un paese da evitare per il turismo sanitario: la legislazione nazionale limita l’entità dei rimborsi per cattiva pratica professionale, uno dei motivi per i quali il costo della sanità indiana è particolarmente contenuto. Ma la tendenza potrebbe rivelarsi inarrestabile anche considerando che, agli attuali tassi di crescita, la spesa sanitaria assorbirà nel 2015 un quinto del prodotto interno lordo statunitense.