Altrimenti ci arrabbiamo

chirac_merkel.jpgInattesa (ma non troppo) aggressione della realtà ai danni del governo italiano, dopo che le ultime nomine di funzionari della Commissione europea hanno penalizzato il nostro paese a tutto vantaggio del “dinamico duo”, Francia e Germania. Sfuriata del ministro per il Commercio estero e le politiche europee, Emma Bonino, che rimembra il bel tempo andato, quando vigevano quote nazionali nell’assegnazione delle nomine, in un contesto dove la meritocrazia deve cedere il passo ad accordi politici che riflettono l’interesse nazionale dei paesi membri. L’Italia (o meglio l’egemonia culturale di sinistra ed il suo internazionalismo alla Mulino Bianco) è da sempre assai poco avvezza a quest’ultimo concetto, sacrificato sull’altare di una politica estera vacuamente declamatoria, che trova la propria massima espressione e gratificazione nella partecipazione a power breakfast dove tutto è già stato deciso. Sostiene Bonino:

“Quando poi vedo un comunicato in cui si dice che tali nomine hanno rispecchiato un equilibrio geografico sulle nazionalità, posso solo dedurre che in qualche modo non facciamo più parte delle comunità europea”, ha aggiunto il ministro ed ex commissario Ue, “constatando” inoltre che “per essere meritevoli” a Bruxelles pare sia necessario “avere un passaporto tedesco o francese, con qualche altro addentellato”.

Nel ribadire il nuovo forte interesse dell’Italia su moltiplici tematiche “nei confronti dell’Europa e delle istituzioni europee”, il ministro ha ricordato che Roma aveva deciso di sostenere la posizione di Bruxelles di fronte ad una dichiarazione della presidenza di turno che di fatto avrebbe portato ad un blocco del turnover fra il personale dell’esecutivo Ue.
Ma ora, dopo la situazione creatasi a seguito delle nomine,

“Il governo italiano non si sente più legato ad un sostegno senza discussione su tale proposta: e non si tratta di una ritorsione, ma semplicemente di voler capire dove stiamo andando a parare”.

Ipocritamente imbarazzata la risposta della Commissione europea, affidata al portavoce Johannes Leitenberger, che parla di un non meglio precisato “merito” quale criterio principale nella definizione delle promozioni, e precisa tuttavia che se in futuro, si procederà, come proposto dall’attuale presidenza finlandese dell’Ue, ad una limitazione se non ad un blocco del turnover del personale, questo non potrà che ripercuotersi negativamente anche sulle garanzie di equilibrio geografico. Il blocco – ha concluso Leitenberger – sarà “sfavorevole” soprattutto per i ‘vecchi’ stati membri, vista la necessità attuale di riequilibrare a favore dei paesi di recente adesione.

Ennesima conferma dell’irrilevante peso politico-diplomatico che l’Italia riveste in Europa, la cui responsabilità forse ora qualche magliaro del sinistra-centro tenterà di attribuire al precedente governo. Che invece, malgrado errori ed ingenuità certamente non degni di una media potenza regionale o sedicente tale, era riuscito almeno a sparigliare le carte dell’eurosclerosi franco-tedesca firmando, con le giovani e vitali democrazie dell’Est e la Spagna di Aznar, il “manifesto dei volenterosi” sulla guerra in Iraq.

Il ritorno del centrosinistra al governo non ha fatto che riprodurre vecchi schemi, fatti di irrilevanza decisionale e sudditanza politica verso l’asse Parigi-Berlino, a sua volta impegnato a contrastare il proprio irreversibile declino politico ed economico attraverso un’azione di imbalsamazione delle istituzioni europee e di pervicace contrasto alle spinte innovative e liberalizzatrici provenienti dai paesi dell’Est Europa.

Siamo certi che questo ennesimo ceffone assestato dalla realtà ad una classe dirigente drammaticamente inadeguata a gestire la transizione infinita imposta dalle dinamiche globali non avrà rilevanza mediatica alcuna, imperando il mantra della riacquistata “centralità” dell’Italia in Europa, che si affianca a quello del “risanamento nello sviluppo” in economia. Mentre osservatori, analisti e corifei mediatici si interrogano sul mistero buffo di questo scorcio di secolo: a quale eurogruppo parlamentare aderirà il futuribile Partito Democratico italiano, ammesso e non concesso che esso riesca mai a vedere la luce?

Agli imbalsamatori l’ardua sentenza.

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