Socialismo petrolifero

Hugo Chavez sta tentando di estromettere il Fondo Monetario Internazionale dal Sudamerica, la regione che un tempo generava il maggior volume di prestiti erogati dall’organismo sovranazionale. L’attività di credito del FMI nell’area è scesa a soli 50 milioni di dollari, meno dell’1 per cento del suo portafoglio globale, contro l’80 per cento del 2005. Nel frattempo, Chavez ha utilizzato il petrolio per prestare 2.5 miliardi di dollari all’Argentina, e ne ha offerti 1.5 miliardi alla Bolivia e 500 milioni all’Ecuador.

Chavez sta tentando di promuovere quella che egli definisce un'”alternativa socialista” al FMI ed al suo maggior azionista, il Tesoro statunitense. Il portafoglio crediti del Fondo si è progressivamente ridotto a 11.8 miliardi di dollari, dal picco di 81 miliardi nel 2004 ed una singola nazione, la Turchia, conta oggi per circa il 75 per cento del volume totale di credito erogato.

Palese l’intenzione di Chavez di contrastare l’egemonia statunitense in Sudamerica (e non solo), combattendo le ricette liberoscambiste e privatizzatrici di FMI e Banca Mondiale. Chavez ha proposto la creazione del Banco del Sur, un ente erogatore di credito alternativo al FMI, basato su non meglio precisati standard creditizi e di capacità di rimborso da parte dei debitori. L’attivismo finanziario chavista è ovviamente da porre in relazione all’andamento del prezzo del petrolio, che ha finora permesso al Venezuela di essere seduto sopra uno stock di riserve stimate nell’ordine di 75 miliardi di barili, oltre alla disponibilità di un fondo di 18 miliardi di dollari in liquidità, che la banca centrale ha trasferito nella disponibilità del governo. Lo scorso anno, l’export petrolifero di Caracas è cresciuto del 21 per cento, a 58.4 miliardi di dollari.

Malgrado questa elevata liquidità corrente, Chavez sta correndo il tangibile rischio di restare senza soldi: il deficit del bilancio venezuelano è cresciuto, nei primi 11 mesi del 2006, a 8.200 miliardi di bolivar (circa 3.8 miliardi di dollari), da 447 miliardi di bolivar dell’intero 2005 mentre, sul mercato nero, la divisa di Caracas si è deprezzata del 16 per cento contro dollaro. Il Venezuela lo scorso novembre ha anche iniziato con l’Argentina un programma di emissione congiunta di titoli obbligazionari, i cosiddetti “Buoni del Sud“, ed ha acquistato 2.5 miliardi di titoli di stato argentini, aiutando Buenos Aires a ricostituire le proprie riserve valutarie, prosciugate dal rimborso di crediti del FMI per 9.5 miliardi di dollari. Per la gioia del presidente Kirchner, che ha potuto affermare che “c’è vita dopo il FMI”.

Il socialismo petrolifero internazionalista di Chavez sta suscitando l’entusiasmo anche dei nostri progressisti e del loro analfabetismo economico, al punto da indurre alcuni di essi a teorizzare un modello sociale alternativo a quello dell’odiato Occidente. Peccato che, quando il prezzo del petrolio scenderà, emergerà in tutta la sua drammatica evidenza il fatto che il Venezuela è stato colpito dalla dutch disease, e non ha più un’industria manifatturiera.

Nel frattempo, dopo il sindaco di Londra, Ken Livingstone, anche il comune di Firenze (e chi altri?) ha deciso di seguire la via del petrolio equo e solidale. L’Ataf, azienda di trasporti pubblici, ed il Comune hanno deciso di “avviare un percorso che porti all’istituzione di una commissione tecnica che individui l’ambito degli scambi possibili“, come solennemente dichiarato dalla presidente di Ataf, Elisabetta Tesi, che scolpisce inoltre:

“Noi come Ataf e il Comune, nostro azionista, chiediamo petrolio a prezzi scontati, magari anche più del 20 per cento ottenuto dal sindaco di Londra Ken Livingstone. In cambio offriamo nostro ‘know how‘ su temi che sarà il Venezuela a indicare, in relazione a settori quali urbanistica, cultura e sicurezza”.

Così, in attesa che la Coop venda benzina venezuelana nei propri ipermercati (giusto il tempo di approvare la seconda lenzuolata di liberalizzazioni bersaniane…), Caracas potrebbe presto importare, dopo la carne argentina ed i leggendari “medici” cubani, anche la raffinata cultura toscana, magari sottoforma di qualche bottiglia di Brunello di Montalcino, prodotto nelle aziende agricole del Monte Paschi.

Il tutto grazie al gonzo che sta immolando il patrimonio del proprio paese sull’altare di un’ideologia malata. E’ l’affarismo equo e solidale, compagni.

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