Ieri, presso la sede della Corte dei conti, si è tenuto il giudizio di parificazione del Rendiconto generale dello Stato relativo all’esercizio finanziario 2006. In soldoni, la Corte dei conti ha espresso il proprio giudizio di congruità sulle dinamiche dei conti pubblici. Della relazione del presidente Fulvio Balsamo, riteniamo utile segnalare ai nostri eroici lettori alcuni passaggi che bene illustrano l’ampiezza del cosiddetto “risanamento” attuato dal governo Prodi nell’ultimo anno. Naturalmente, sentitevi liberi di rigettare in radice questi rilievi critici. Come si inferisce da recenti prese di posizione del governo, esternate per il tramite del Ministro dell’Economia, Tommaso Padoa Schioppa, la Corte dei conti è una sentina di pendagli da forca, dove si solito si tenta di inviare al confino pericolosi sovversivi neo-piduisti, colpevoli di aver tenuto “un comportamento inqualificabile, mostrato una gestione personalistica del Corpo” da essi guidato, con “gravi manchevolezze di trasparenza e di comunicazione, opacità e scarsa lealtà“. Perché preoccuparsi dei giudizi emessi da una simile Cayenna? In caso vi interessi proseguire comunque nella lettura, ecco una guida ragionata degli inequivocabili successi del governo Prodi in materia di finanza pubblica, per il bene dell’Italia:
Afferma il presidente Balsamo:
I favorevoli risultati conseguiti sul fronte dei saldi di finanza pubblica non consentono, tuttavia, di esprimere un giudizio positivo sulle modalità attraverso le quali gli stessi sono stati conseguiti. Il miglioramento è, infatti, da attribuire per intero ad una impennata, né programmata né prevista, della pressione fiscale (passata dal 40,6 per cento del 2005 al 42,3 del 2006) e ad un ulteriore inopportuno contenimento delle spese in conto capitale, misurate al netto di poste straordinarie, e in particolare degli investimenti pubblici. L’incidenza sul Pil della spesa corrente al netto degli interessi ha, invece, raggiunto il 40 per cento, con un continuo aumento a partire dal 2000.
Che tradotto significa: abbiamo “risanato” il paese aumentando la pressione fiscale. La spesa è salva, e continua gaiamente ad autoalimentarsi. E che dire del tesoretto? Fu vera gloria? Oppure è effimero come le estati romane di Renato Nicolini? Per Balsamo la risposta a quest’ultima domanda è affermativa.
Troppo diversificate le cause dell’extra-gettito consuntivato a fine 2006. Buona parte delle maggiori entrate impreviste si spiega, da un lato, con la lievitazione delle basi imponibili dovuta al favorevole andamento dell’economia e, dall’altro, con la crescita dell’elasticità del gettito indotta dai provvedimenti normativi volti al ridimensionamento delle aree di erosione e di elusione, ma anche all’inasprimento mirato del carico tributario. Una quota non trascurabile va poi attribuita al successo di adesione che hanno avuto le entrate legate alla rivalutazione dei beni d’impresa, a cui, com’è noto, è però destinata a seguire una contrazione permanente di gettito a partire dal 2009, per effetto dei maggiori ammortamenti che potranno essere portati in deduzione.
Ehi, aspetta un po’: questo vuol forse dire che il governo Prodi ha fatto ricorso alla contabilità creativa ed alle una-tantum che anticipano entrate erodendo i flussi di cassa futuri, manco TPS fosse un Tremonti qualsiasi? Non ci si può proprio fidare di nessuno, signora mia. Ma almeno sappiamo che, con Prodi, finalmente gli investimenti sono ripartiti, e l’Italia, dopo il quinquennio buio berlusconiano, può contare sulla creazione di nuove vitali infrastrutture. Eppure, per la Corte dei conti anche questo assioma semplicemente non è tale:
Una analisi delle spese in conto capitale conferma il forte rallentamento impresso negli ultimi anni a tali spese dalle manovre di riduzione del disavanzo. Nei conti dello Stato, gli investimenti hanno segnato, nel 2006, un livello inferiore di oltre il 40 per cento a quello registrato nel 2003. Si è, dunque, accentuato il divario negativo dell’Italia in tema di infrastrutture, con conseguenze non lievi, come è stato osservato, sullo sviluppo economico e sulla competitività del nostro apparato produttivo. Mentre le indicazioni programmatiche hanno ripetutamente privilegiato gli obiettivi di sviluppo, nella pratica le politiche di riequilibrio dei conti, non trovando le soluzioni per una stabile riduzione delle spese correnti, hanno seguito la via più facile sacrificando le spese di investimento.
Beh, che volete che siano le infrastrutture rispetto alla spesa corrente? In fondo, basta modificare alcune poste di spesa, e chi volete che se accorga? Ma c’è dell’altro: sapevate che parte del tesoretto italiano si trova in Libano?
Tuttavia, questa diversa allocazione delle risorse ha determinato, soprattutto per effetto degli oneri derivanti da provvedimenti d’urgenza, il ricorso generalizzato a modalità di copertura diverse dai fondi speciali e pertanto non legate alla programmazione della spesa. Tra queste ultime, va fatto cenno alla legge n. 270 del 20 ottobre 2006, concernente essenzialmente il finanziamento della partecipazione italiana alla missione UNIFIL in Libano, per la cui copertura è stata utilizzata parte delle maggiori entrate tributarie correlate al più favorevole andamento del gettito rispetto alle previsioni di bilancio.
Ma almeno, sappiamo che il governo Prodi opera in modo “rivoluzionario” sul versante della pubblica amministrazione, dove già affiorano picchi di produttività legati ad una intelligente gestione meritocratica delle risorse umane. E infatti la Corte dei conti certifica questo eclatante successo del governo, con la partecipazione straordinaria dei sindacati, in un tripudio concertativo che pone l’Italia all’avanguardia nel mondo per “crescita intelligente”, una vera success story:
Al fine di tenere sotto controllo la crescita della spesa di personale occorre innanzitutto una forte inversione di tendenza sulle metodologie seguite per determinare le risorse necessarie ai rinnovi contrattuali, risultato sinora di accordi diretti tra Governo ed organizzazioni sindacali, con i quali vengono concessi incrementi retributivi superiori al tasso di inflazione reale senza alcuna contropartita in termini di incremento della produttività. Tale evenienza, osserva la Corte, è destinata a verificarsi anche in relazione al biennio 2006-2007, periodo relativamente al quale risulta già pattuito un incremento pari al 4,86 per cento.
E che dire delle pensioni? Qui, il governo Prodi lavora alacremente (festivi e notturni inclusi) per dare un futuro ai nostri giovani. Pensate ai coefficienti di trasformazione, la bestia nera dei sindacati. Quei numeretti magici che adeguano la rendita pensionistica prodotta dai montanti contributivi all’evoluzione demografica del paese, mantenendo il sistema pensionistico in equilibrio attuariale. Scrive il presidente Balsamo:
In proposito, si confermano le perplessità sulla scelta legislativa che ha previsto – in luogo di un semplice meccanismo automatico di adeguamento – un complesso procedimento di revisione dei coefficienti, che implica il coinvolgimento di numerosi soggetti. L’automatismo consentirebbe, tra l’altro, con correzioni più frequenti, di rendere meno sensibili gli effetti delle revisioni.
Ora, il mancato aggiornamento dei coefficienti di trasformazione o anche l’adozione di interventi solo parziali (con l’aggiornamento limitato a particolari comparti produttivi o tipologie di lavoratori) vanno considerati con preoccupazione: le ricadute in termini di tendenze di lungo periodo del rapporto tra spesa per pensioni e Pil sarebbero tali da rimettere in discussione gli equilibri dei conti pubblici.
Se ci dice bene, tra “risarcimenti sociali”, “redistribuzioni” e solidarietà al popolo sofferente, a breve avremo all’orizzonte le coste sudamericane. Evo Morales, Hugo Chavez e Gianni Minà ci attendono ansiosi.